Mi sono svegliato alle sei del mattino, come ogni giorno, un po’ intontito ho preparato il caffè, dopodiché ho gettato un occhio sulla stampa. Coronavirus, confinamento, politiche di riapertura, mascherine, proteste degli operatori turistici e dei ristoratori e poi, più in basso, verso la fine della home-page di un quotidiano nazionale, un piccolo trafiletto sui terrapiattisti.
I terrapiattisti mi affascinano, punto. Moderni Magellano, fantomatici Colombo alla ricerca di qualcosa di nuovo, in un mondo che almeno morfologicamente si è già spogliato interamente ai nostri occhi. Teorizzano, calcolano, sviluppano idee programmando e realizzando incredibili esperimenti (pseudo)scientifici con mezzi rozzi, spesso fatti in casa, rinnegando il supporto delle tecnologie sviluppate dall’uomo moderno e affidandosi a rudimentali astrolabi realizzati con stampanti 3D. Personalmente sorrido, seguendo le loro mirabolanti imprese e resto affascinato da alcune congetture incredibili, come la teoria PacMan, che ipotizza in seguito all’uscita da un lato della terra, un rientro dalla parte opposta, come succede nel popolare videogame.
Uno di questi esploratori moderni e antichi allo stesso tempo, qualche settimana fa, in pieno deserto del New Mexico ci ha rimesso le penne. Non uso quest’espressione a casaccio, essendo l’uomo caduto, come un uccello ferito, dal proprio razzo fatto in casa, nel folle tentativo di fotografare dall’alto la prova definitiva della sua teoria terra-piattista.
Su questa morte, che da un lato può far sorridere e dall’altro lascia intravedere al di là del velo dei meccanismi biologici, come anche l’evoluzione stessa, col tempo, si sia adattata nei modi più vari per far fronte alla selezione della specie, mi voglio soffermare.
Perché a me, questa ricerca disperata, questi nuovi tentativi di riscoperta geografica, all’epoca di internet, dei satelliti, della stazione spaziale orbitante; all’indomani di una quantità incredibile di dati e informazioni disponibili a tutti che spesso ci fanno pensare, erroneamente, di avere le chiavi per la comprensione dell’intero universo, mi affascina molto, letterariamente parlando, non so, come poteva affascinare un Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento nel 1600…e badate bene, la distanza letteraria e fisica tra i due esempi, non è poi così grande.
Così, il divario tra terra-piatta e terra-tonda ci riporta a un’epoca che non c’è più, ci fa sognare Jules Verne, Cervantes e tanti altri romanzi d’avventura che illustravano gesta di uomini folli come quello descritto sopra e ci fa chiedere: ma perché questi personaggi così letterari, così pittoreschi, non dovrebbero esistere più? Inoltre, concima le nostre più inquietanti fantasie e nasconde dietro a un problema di forma (tonda o piatta), un problema di posizione/relazione tra l’uomo e la terra e il misterioso effetto per il quale, alla fine, il primo pur nascendoci sopra, ci finisce sempre sotto.