Poco fa, mentre ero seduto sul divano del mio salone perso nei miei pensieri, mi sono accorto che il grande schermo appeso alla parete mi fissava. Nero, cupo, in maniera inquietante sembrava esplorare i miei occhi, per comprendere le mie intenzioni, ammiccando la sua presenza attiva attraverso la spia rossa accesa, localizzata in basso a destra del grande rettangolo. Subito, la mia coscienza di cinefilo e di cinofilo, visto che mi piace il cinema, ma adoro anche i cani, mi ha strappato via dal divano sul quale ero seduto, portandomi nella capsula di 2001 odissea nello spazio davanti a Hal 9000 – claudio, non muovere le labbra, non muovere le labbra, può leggerle – mi son detto.
Ho scrutato l’apparecchio in maniera del tutto neutra e mi sono reso improvvisamente conto, che non lo accendo da due mesi. Premetto che io non ho la tv in casa, uso il grande schermo solamente per guardare Netflix, quindi per deduzione, da un mese e mezzo a questa parte non accedo alla popolare piattaforma. Più precisamente, da quando la quarantena è iniziata, non ho visto un film e non ho seguito serie televisiva alcuna. Sì, ho gettato un occhio su qualche documentario con il mio computer, mi sono addormentato davanti a Frozen II una volta, ma niente di più. A questo punto, la domanda che mi sono fatto è stata: Come ho occupato il mio tempo nell’ultimo mese e mezzo, a parte leggere e passare i miei pomeriggi con Livia? Ci ho riflettuto un po’, esplorando il ricordo delle ore vissute e finalmente ho trovato la risposta: ho ascoltato un sacco di musica, intere discografie di alcuni autori che da tempo volevo esplorare e capire in maniera più approfondita.
Ho seguito l’evoluzione di Paolo Conte dai primi album solo fino ad arrivare ai fantastici arrangiamenti delle ultime opere. Ho attraversato l’incredibile carriera di Tom Waits, dagli album delle Ballate alla Bob Dylan fino ad arrivare alle sue inspiegabili creazioni più recenti. Ho ripercorso la stupenda produzione di Lucio Dalla e l’evoluzione poetica di Francesco Guccini. Per restare tra i nostrani, ho apprezzato anche la maturazione di Lucio Battisti che nel passaggio, tra la collaborazione con quel tipiacevincerefacile di Mogol a quella con il più complesso Panella, ha distrutto completamente la struttura della musica leggera italiana dell’epoca. Ultimi, ma non per merito, ho analizzato lo stupefacente Battiato che da brani sperimentali più simili alla produzione di Stockhausen come Sono un Beta è approdato a La cura, attraverso una collaborazione incredibile con quel filosofo genio di Manlio Sgalambro e Fabrizio DeAndré che partito dalla rivisitazione in chiave Italiana di un più profondo e ferrato George Brassens e arrivato a una personificazione di sé stesso in chiave musicale profondamente toccante.
Seduto sul divano, il grande monitor davanti a me intento ad osservarmi, ingombrante come il nero monolite del film di Kubrick di cui sopra, sono giunto alla conclusione che la mia quarantena è stata, a discapito di un Netflix pagato senza essere usato, un gran concertone del 1° Maggio e non rompetemi le scatole con frasi del tipo: “Sì, ma Lucio Battisti è un autore di destra…”.
Successivamente mi sono alzato e affacciandomi alla finestra, ho notato che la vicina aveva disposto sul tavolo della sua terrazza un vaso pieno di Mughetto, qui in Francia è usanza regalarlo in questa giornata. La leggenda del Mughetto è molto bella e vuole che San Leonardo, con sembianze da Demone, in seguito a un combattimento con il Diavolo in persona (cose serie, non quelle cazzate alla John Snow), abbia perso molte gocce di sangue, e che queste, cadute al suolo, si siano trasformate in quei bianchi campanellini che oggi identifichiamo con il nome di Mughetto. Tornato sul divano, la visione di quei fiorellini scomparsa, mi si sono fissate tra i pensieri solo quelle gocce di sangue caduto a terra, ed essendo oggi il 1° Maggio mi è venuta voglia di dedicare questa visione di fiori e sangue a tutti gli operai che sono morti sul lavoro, insieme a ogni pezzo musicale ascoltato in questa quarantena, che per un attimo, abbia fatto vibrare il mio cuore.