La morte in spiaggia e l’incredibile leggerezza della stampa

Volevo scrivere un post sulle stranezze della vita, poi ho letto di un uomo che in Florida, travestito da morte, è andato in giro sulla spiaggia incitando i bagnanti a tornare nelle proprie case per via del Covid-19 e mi sono sentito un pivello al confronto. La mia vita è effettivamente contornata di stranezze, ma sono banali situazioni, come la tartina imburrata che cade sempre dalla parte del burro o i calzini che entrano in coppia nella lavatrice e inevitabilmente alla fine del lavaggio uno dei due sparisce. Si sono fusi insieme? Uno si è smaterializzato? Boh…non c’è risposta. I cinici vi diranno: ma queste sono leggende metropolitane! Come quella dei capelli grigi, che se ne stacchi uno, te ne nascono dieci! Tutte stronzate! Invece no, caro il mio cinico, guarda un po’ che la storia dei capelli grigi che crescono esponenzialmente in funzione dello strappo violento di uno di essi, non può essere una leggenda metropolitana! Me la raccontava già mia nonna e lei viveva in un paese di dieci anime e non incontrava mai nessuno.

Così, mentre leggevo della morte in spiaggia, ho pensato che le stranezze e le leggende metropolitane di questi tempi (intendo dall’avvento di internet come lo frequentiamo adesso, google, social network di tutti i tipi ecc.), devono proprio avere vita dura, accerchiate da un lato da sensazionalismi giornalistici incredibili, dall’altro dai consigli sempre più assurdi che potete trovare su siti come wikihow, che non solo vi spiega come non perdere i calzini in lavatrice, ma vi illustra anche il metodo migliore per organizzare un sabba, mettere in atto una rapina o cucinare un petto di pollo senza che la carne si infili tra i denti.

Tralasciando wikihow, perché sparare sulla croce rossa non è bello, voglio soffermarmi sui sensazionalismi giornalistici, spesso molto più terribili. Il giornalismo è cambiato tantissimo ultimamente, bisogna riconoscerlo, pensate che sono passati quasi duecento anni dall’assunzione del primo Strillone (i bambini che andavano in strada con le copie dei giornali gridando: Edizione straordinaria!). Oggi, per attirare l’attenzione del lettore, si utilizzano altri metodi, specie da quando i giornali trasferitisi quasi completamente sul web, si sono trovati a dover identificare nuovi metodi per attirare l’attenzione del lettore. A me sembra che abbiano trovato il metodo più stupido, ovvero, gonfiare il titolo delle notizie in maniera esponenziale (come i capelli di mia nonna che diventavano grigi a decine perché lei ne tirava uno). Faccio un esempio: Coronavirus la cura c’è, ma non se ne parla. Leggendo un titolo così, il lettore stressato da un confinamento incredibilmente lungo, traballa sulla sedia e si incazza. Successivamente apre l’articolo, legge e scopre che si parla di sieroterapie mediante la trasfusione di plasma prelevato alle persone guarite. A questo punto ha due possibilità, può credere ciecamente a Dante Zizzi giornalista oppure approfondire, facendo un breve giro su google. Se lo facesse scoprirebbe rapidamente che non è vero che di questa cosa non si parla, che la procedura non è poi così semplice, infine che questo metodo è ancora in fase sperimentale da settimane, avendo causato qualche problema ai pazienti Cinesi. Ecco che qui il titolo si frantuma in mille pezzi. Il lettore pagante (nel migliore dei casi) potrebbe chiedersi: Perché pago un servizio e in più devo andare a verificare se la gente fa veramente il suo lavoro con attenzione? (questo avviene raramente di solito il lettore crede all’articolo).

Ma che cosa è successo nello specifico? Siamo passati dal bambino che strillava per attirare l’interesse della gente sul giornale, al giornalista che strilla qualcosa che concretamente non esiste. Questo accade sempre più spesso sui nostri quotidiani, è una brutta abitudine che più o meno tutte le testate hanno preso. Ci si chiede perché avvenga e per quanto mi riguarda la spiegazione è sempre in quel maledetto click che ci fa visitare la pagina e che smuove quell’internet-economia all’interno della quale i giornali online ruotano. Io quest’abitudine della stampa odierna la odio, più o meno come odio colui che mette i calzini nella lavatrice (me) e non fa attenzione quando li tira fuori (sempre me), inventandosi assurde spiegazioni: Dove saranno finiti i miei calzini con gli orsacchiotti? Forse dove finiscono tutte le cose che si perdono, sulla Luna, insieme al senno di Orlando! Insieme ai grandi giornalisti investigativi! Ippogrifo a me!!!