Le persone che stimiamo vanno ricordate nell’anniversario della loro scomparsa. Devono assolutamente essere onorate. Possiamo farlo in mille modi, per esempio riflettendo sulle loro parole, sui loro modi di fare, su tutto quello che nel corso della loro vita ci hanno trasmesso, volontariamente e involontariamente. La vita di Massimo Troisi è stata talmente breve, da non darci nemmeno il tempo di percepirla in maniera completa, come una stella cadente che rapidamente passa, l’abbiamo visto e una volta scomparso ci siamo chiesti: Ma è passato davvero? Da lì a sentirsi tutti partenopei è stato un attimo, perché non c’è niente da fare, dovevamo capirlo quando parlava, a noi non bastava quello che trasmetteva attraverso le sue espressioni, attraverso i suoi gesti delicati che apparivano veri, concreti, naturali, qualsiasi cosa stesse facendo, un’intervista, una dichiarazione d’amore, coccolare un mobile o lo stipite di una porta, come amava fare in alcune scene dei suoi film.
E così, mi ritrovo qui a scrivere di lui, mentre ripenso a quelle scene così dirette, semplici, geniali, fulminee, che essenzialmente riassumevano e riassumono, molti momenti della nostra vita, molti nostri dilemmi, in particolare amorosi, ma anche di amicizia, di relazione con gli altri. E così mi ritrovo a vederlo in quell’incredibile scena dove Marta, gli dice che è stata con un altro e lui va in bagno, parla con sé stesso allo specchio, ferito, disilluso, per poi tornare in camera da lei con la promessa di non darle soddisfazione: Scusa Marta, come si chiama quello che ha inventato la penicillina? Ero in bagno e non voleva venirmi a mente… oppure quando fa quel monologo su Giuda che: Si fa presto a dire che ha tradito, uno deve esserci, le cose le deve sapere davvero, chi lo sa Giuda quello che doveva fare con quei trenta denari? Magari ne aveva proprio bisogno…bastava che Dio lo facesse nascere ricco e non succedeva tutto questo casino!
Per non parlare di quando incontrò Benigni, che all’epoca era ben lontano dal personaggio odierno, e insieme diedero vita, non solo a una grande amicizia, ma a quel gran capolavoro di Non ci resta che piangere (1984), film unico nel suo genere, quasi interamente girato senza scaletta, improvvisato, senza copione…come ha ricordato varie volte Carlo Monni (Alias Vitellozzo nel film). Diceva l’oramai scomparso Fiorentino: Presero due mesi e andarono al mare per scrivere il copione, dopodiché tornarono senza niente in mano e andarono per un paio di settimane in montagna. Quando rientrarono dalla montagna si presentarono alla produzione con un foglio di carta dove c’era scritto “Si torna indietro nel tempo, andiamo a fermare Colombo per non fargli scoprire l’America” e quello era il loro copione.
Troisi è stato unico nel suo genere e niente, Dio benedica San Giorgio a Cremano solo perché gli ha dato i natali e ha cresciuto un Italiano così gentile, umile, sensibile, dolce, capace di innamorarsi e di farci innamorare con lui, capace di riprodurre sullo schermo quei sentimenti, tutti maschili, che troppo spesso noi uomini non riusciamo a manifestare. Quante volte avremmo voluto dire Non partire… a qualcuno e non l’abbiamo fatto? Troisi è stato ed è geniale, quelli come lui non possono che diventare immortali, sia per la loro arte, sia per il loro modo di essere, sia per i messaggi che hanno dato in pasto all’umanità.
Caro Massimo, non puoi immaginarti quanto manchi a noi amanti del bel cinema, che quel quattro giugno di ventisei anni fa avremmo voluto essere vicini a te, per dirti un’ultima volta, prima che tu chiudessi gli occhi…Non partire… e a noi amanti dell’amore, che se a questo, c’è rimedio…a noi non interessa, non vogliamo rimedi, vogliamo restare malati per sempre.