Mi successe a Londra, durante un viaggio di lavoro, qualche anno fa. Stavo camminando tranquillo alla ricerca di un pub qualsiasi, per mangiare un anonimo fish and chips e bere una buona birra quando, costeggiando il St James’s Park, mi imbattei in un uomo di circa sessant’anni, ben vestito, che mi chiese gentilmente di fermarmi. Indossava un abito in principe di Galles, probabilmente realizzato su misura visto come gli calzava a pennello. I capelli grigi erano ben pettinati, il viso pulito, non era indubbiamente una persona che incuteva timore. Un paio di scarpe nere, lucide, lo tenevano ben saldo alla strada. L’uomo mi disse di chiamarsi John, mi raccontò di aver appena litigato con la compagna e mi spiegò che vedendomi arrivare da lontano, aveva subito percepito attorno a me una bellissima aura. Alla fine di un discorso complicatissimo per il quale scomodò sciamani Messicani e Indiani d’America, mi chiese se volevo fare quattro passi con lui e fu a quel punto che io risposi di non averne il tempo, che ero da poco arrivato in città per lavoro e che avevo una gran fame. Gli occhi dell’uomo si illuminarono e prendendomi per un braccio, disse che lui conosceva un ottimo posto per mangiare e bere della buonissima birra, dopodiché, come se mi conoscesse da sempre mi trascinò in direzione del Westminster Bridge. Camminammo per circa quindici minuti e francamente non saprei dire dove questo strano personaggio mi portò quella sera, anche perché al ritorno ebbe la gentilezza di chiamarmi un taxi, quello che so è che mi portò in un bellissimo pub non troppo frequentato e che mangiai il miglior fish and chips che abbia mai assaggiato nella grande metropoli.
Prima di arrivare alla fine della storia però, mi va di raccontare quello che successe all’interno del pub e che oggi mi è saltato alla mente appena ho visto che Paul McCartney festeggiava settantotto anni. Io e quell’uomo, ci sedemmo entrambi a un tavolino distante dal bancone, in un angolo del pub piuttosto buio, ordinammo da mangiare e da bere, dopodiché, quando l’avvenente cameriera se ne fu andata, l’uomo cominciò a farmi un sacco di domande, fin quando non mi chiese se ascoltavo i Beatles. Ovviamente, essendo un grande ascoltatore ed estimatore della band, risposi in maniera affermativa e fu allora che John mi rivelò di aver lavorato con loro e George Martin fino al sessantasei. Iniziò così a raccontarmi degli esordi della band, di tutto quello che aveva visto nel corso degli anni e del suo lavoro all’interno degli studi di registrazione di Abbey Road. La conversazione fu molto piacevole, anche perché io, fino a quel momento, conoscevo solamente i pezzi del gruppo e non mi ero mai interessato in maniera approfondita alla loro storia, per questo motivo, dopo pochi minuti di racconti, cominciai a pendere dalle sue labbra. Improvvisamente però l’uomo, una volta finito di mangiare, ma non di bere, mi prese la mano e disse – e poi venne quel tragico sessantasei… – io lo guardai stupito e timidamente chiesi – che cosa successe in quell’anno? – l’uomo scosse la testa, mise la mano in tasca per estrarre un fazzoletto di stoffa a fiori e si asciugò la fronte come se stesse per farmi la rivelazione del secolo – cose brutte ragazzo, cose brutte, mi disse…è stato l’anno in cui Paul McCartney è morto…
Io, certo di aver mal compreso la sua frase, visto che il mio inglese all’epoca non è che fosse così buono, chiesi di ripetere per conferma e l’uomo in tutta risposta cominciò a raccontarmi dell’incidente di auto in cui il celebre bassista e creatore di alcuni dei più conosciuti brani della storia della musica, sarebbe rimasto vittima nel sessantasei del secolo scorso e di come il terzetto restante, insieme a Brian Epstein, avessero deciso di sostituirlo con una persona molto somigliante a lui, un attore che si sarebbe addirittura sottoposto a chirurgia plastica. Giustificò poi il suo licenziamento e quello di altri suoi colleghi da quel posto di lavoro – perché sapevamo troppo…
Inizialmente rimasi a bocca aperta poi, fatti due calcoli mentalmente, conclusi che se quella storia fosse stata vera, i Beatles avrebbero avuto un gran culo, visto quello che hanno tirato fuori da Revolver in poi. Lasciando però i miei pensieri da parte, continuai ad ascoltare il suo racconto ricco di particolari, che contenevano anche riferimenti a brani e copertine degli album, dove sarebbero disseminati indizi lasciati dalla band, per mettere a conoscenza i fans del loro terribile segreto.
Alla fine della quinta birra, oramai stanco dal viaggio e della conversazione divenuta incredibilmente assurda, chiesi e ottenni gentilmente di congedarmi per tornare in albergo. L’uomo mi chiamò un taxi, mi ringraziò per la bellissima serata e quando l’auto arrivò a prendermi, aprendomi lo sportello disse – e se per caso dovessi avere dei dubbi riguardo a tutto quello che ti ho detto…facci caso, dal sessantasei in poi i Beatles non hanno più cantato dal vivo e se lo guardi bene, l’impostore non gli somiglia nemmeno un po’ al buon Paul McCartney!
Che dire di tutta questa vicenda…auguri uomo…per i tuoi settantotto anni, chiunque tu sia!