Spesso su questa pagina, scrivo articoli all’interno dei quali, racconto episodi della mia vita, frammenti mnemonici che conservo sparsi da qualche parte, nemmeno io so bene dove. Oggi ho deciso di fare un post in controtendenza, dedicato a tutto ciò che non ricordo. Ci ho pensato questo pomeriggio quando uscendo dalla riunione della scuola di mia figlia ed entrando nella mia auto, ho sentito un odore strano, intenso, terribile…no via, non lo posso chiamare odore, era un puzzo atroce. Ho cominciato a cercare sotto i sedili e nel bagagliaio per ritrovare, qualche minuto più tardi, nascosto dietro il contenitore delle catene da neve, e vi prego non chiedetemi cosa ci faccio con le catene nel bagagliaio in piena estate, un pacchetto di gamberetti, scivolato dal sacchetto della spesa fatta sabato pomeriggio. Mi sembrava di averne comprate due scatole! – mi son detto, mentre estraevo dal bagagliaio il pacchetto di gamberetti, che dopo aver passato due giorni interi nella mia auto, a una temperatura esterna di trenta gradi all’ombra, apparivano ben cotti. Così rientrando a casa, coi quattro finestrini dell’auto aperti, per far uscire quell’inconfondibile odore di pesce morto, ho avuto l’idea di scrivere un post su tutto quello che dimentico.

Recentemente per esempio, ho scordato dove ho messo le viti per montare il ventilatore. Vero problema in periodi come questo. Ho aperto la scatola, ed ho trovato tutti i pezzi sistemati in ordine di montaggio e ben riposti, dopo l’utilizzo dell’estate scorsa, ma le viti non c’erano. Ho dovuto buttare all’aria l’intero ripostiglio per ritrovarle in un sacchettino dentro a una scatola da scarpe, vai a sapere come ci sono finite.

Dimentico continuamente anche le chiavi di casa, non so dire quante volte negli ultimi tre anni ho dovuto chiamare la portinaia della residenza per farmi aprire la porta, distrattamente chiusa alle mie spalle con la certezza di avere le chiavi intasca. Dimentico anche il portafoglio, che ho perso varie volte. Anche perché ho l’abitudine, quando mi siedo, di infilarlo sotto al sedere, più o meno tra le gambe e di scordarlo sulla sedia, quando mi alzo. Una volta parlando con un’amica psicologa le dissi che lo mettevo tra le gambe, perché così potevo controllarlo meglio. Lei rise, elaborando alcune interessanti congetture, sul fatto che identificassi quella parte del corpo come la più controllabile, ma che allo stesso tempo proprio mettendolo il portafoglio lì, lo avessi ripetutamente perduto.

L’ultima volta che successe, mi trovavo al concerto di Maceo Parker a Essaouira durante il Festival Gnaoua ed era il duemilatredici. Ero ospite di un amico Marocchino, un avvocato che abitava poco distante dalla cittadina e che era riuscito ad avere un paio di pass speciali per il concerto ed il backstage. Persi il portafoglio durante il concerto, così quando ci trasferimmo nel backstage, avevo un giramento di scatole talmente incredibile, che non mi godetti nemmeno il momento. Strinsi la mano del sassofonista di Sex Machine, braccio destro dell’incredibile James Brown, con il sorriso forzato e il telefonino nell’altra mano con il quale tentavo di raggiungere gli uffici della Visa, per far bloccare la carta di credito. Che amarezza, questa volta è proprio il caso di dirlo, e lo penso ogni volta che guardo la foto scattata dal mio amico, dove si vede benissimo il mio viso incazzato, accanto a un Maceo Parker molto sorridente.

Ma tornando ai gamberetti nel mio bagagliaio, cotti e gettati, mi sono appena ricordato di quello che più di trent’anni fa successe a mio padre. Ero un bambino quando insieme, grazie a un suo amico, andammo a visitare la fabbrica della Sammontana, l’industria di gelati che sorge a pochi chilometri da dove sono nato. Alla fine della visita, l’amico di mio padre, gli fece dono di una decina di barattoli di gelato, era estate, e lui li accettò ben volentieri. Ovviamente, arrivati a casa, ce li dimenticammo in auto. Quando aprì la macchina, il pomeriggio del giorno successivo, trovò i barattolini in plastica esplosi e tutto il gelato sciolto per terra, sulla tappezzeria, davanti ai seggiolini posteriori. Lo ricordo ancora appoggiato con la testa sul tettino dell’auto, intento a imprecare chissà quale dio del cielo, mentre un forte odore di fragola e limone fuoriusciva dall’abitacolo ed io dietro di lui, con un cucchiaino in mano chiedevo: Lo mangiamo direttamente in auto?