Fenomenologia de: La casa de papel

In questi giorni sto terminando la visione de La casa de papel (La casa di carta, 2017 – in corso). È una serie tv interessante, che nelle prossime linee di questo post cercherò di descrivervi. Dunque, c’è un tizio, chiamato Il professore, che organizza un colpo alla zecca della Spagna, l’obiettivo è quello di riuscire a stampare e portare fuori dall’edificio un ingente quantitativo di moneta. La voce narrante della serie appartiene alla rapinatrice Tokio (i componenti della banda hanno tutti nomi di città) il personaggio più irritante che sia mai stato creato da quando esiste il cinematografo.

A prima vista, questa serie televisiva non sembrerebbe differente da tutti i film e serie tv incentrati su questo tema, se non fosse per un incredibile particolare, tutto ruota intorno all’instabilità mentale della banda di rapinatori. Il professore, freddo calcolatore, capace di immaginare qualsiasi scenario si possa presentare durante la rapina, non ha per niente cercato di ridurre le problematiche relative alla personalità dei suoi collaboratori (chiara fin da subito anche prima della rapina), magari assoldando esperti seri e dal carattere fermo e deciso. Probabilmente durante la programmazione del colpo, si è reso conto che tutto sarebbe stato incredibilmente facile, se ogni rapinatore avesse fatto il suo fottuto lavoro tranquillo, complice anche la polizia che appare incredibilmente incompetente. Così, per rendere il tutto più interessante e movimentato e per dare un aiutino alla polizia appunto, il professore ha probabilmente deciso di creare la sua banda, basandosi sulla loro incapacità di mantenere il controllo durante le situazioni particolarmente stressanti, piuttosto che sulle loro reali capacità tecniche. Come diretta conseguenza, per tutta la durata della serie, che si muove sull’onda delle minchiate che i suoi collaboratori fanno (in particolare quelle di Tokio, la voce narrante), non riesce a chiudere occhio intento com’è a cercare di prevenirle tutte. Il fatto che la mente del piano porti lo stesso soprannome di Romano Prodi e che si possano trovare attinenze tra i collaboratori di entrambi è puramente casuale.

Insomma, se qualcuno vi ha detto che questa serie riguarda un branco di malviventi che compiono una rapina e che incappano in alcuni imprevisti, vi ha spudoratamente mentito. La serie infatti si dipana solamente attraverso i problemi che questa banda di mentecatti, che non fanno altro che gridare immotivatamente per tutto il tempo, sono in grado di auto crearsi. Non c’è spiegazione logica alla scelta dei componenti del gruppo, a meno che il professore non li abbia selezionati così per via del proprio ego: Cazzo sono riuscito a fare una megarapina anche con un branco di coglioni!

Antropologicamente parlando è interessante notare che il grande pubblico, durante la visione della serie si è affezionato soprattutto a tre personaggi: il Professore, Berlino e Helsinki, quelli che dall’inizio alla fine risultano essere i più calmi e tranquilli, il resto dei membri infatti, sono una carrellata di personaggi irritanti (prima tra tutti Tokio), che dal momento in cui appaiono sullo schermo fanno venire una gran voglia di stampargli un paio di schiaffi sul volto.

È chiaro che creare un film o una serie televisiva su una rapina non sia facile, anche perché il tema è stato in passato, completamente sviscerato. Si va dalla banda di rapinatori seri e violenti come in Reservoir Dog (Le iene, 1992) a quelle bande di spiritosoni dei film della serie Ocean (parlo sia degli originali con Frank Sinatra e Dean Martin del 1960 che dei remake con Clooney, Pitt e soci del 2001), passando per quegli incompetenti di Ray Winkler e soci in Small time crooks (Criminali da strapazzo, 2000), ma gli esempi potrebbero essere molteplici, oltre duecento film sono stati fatti proprio basandosi su questo format. Mi sento di dire, dall’alto di tutte queste pellicole, alcune delle quali magistrali, che della casa del papel si poteva fare anche a meno, anche se devo ammettere che quei quattro raccattati, sono riusciti comunque a tenermi impegnato nella visione delle loro gesta. Il motivo è solo uno, ad ogni scena mi chiedevo: ma adesso, quale altra cazzata potranno mettere in atto? E non è forse questa la questione che ci poniamo più di frequente, quando pensiamo alle nostre vite?