Bukowski oggi spegnerebbe cento candeline e forse chissà, se avesse condotto una vita più sana, magari ci sarebbe anche arrivato, a cento anni intendo, anche se probabilmente non sarebbe stato il Bukowski che conosciamo. Di lui, dai sedici ai venti anni ho letto praticamente tutto quello che è stato pubblicato in Italia, in prevalenza da Feltrinelli e Guanda, recentemente invece ho riletto qualcosa in lingua originale. Ricordo che all’epoca apprezzavo la prosa semplice, diretta e immediata di quest’autore. D’altronde si sa, quando si è giovani non si ha troppa voglia di fermarci sui giri di parole, a meno che chi scrive non sia veramente uno che la prosa la mangia a colazione, magari spalmata su una fetta biscottata. Voglio dire, non si può chiedere a Stevenson, Dickens o Hemingway di essere diretti, si perderebbe il meglio del loro lavoro e della loro abilità nello scrivere.
Bukowski sapeva descrivere la vita e i fatti che avvenivano intorno a lui in maniera diretta e semplice. Questo, quando dalla sua macchina da scrivere uscivano libri e racconti, se si parla di poesie, allora siamo su tutt’altro piano, a mio avviso nel suo The roominghouse madrigals:early selected poems 1946-1966 (Madrigali da una camera in affitto, 1988) ci sono dei capolavori incredibili.
Come dicevo la sua prosa è piuttosto semplice e asciutta, molto diretta, spesso volgare, ma parliamo di un volgare che non disturba il lettore, la realtà è spesso volgare, proprio come viene descritta da lui. Alla maggior parte della gente piace proprio per questo e perché al di là di quello che ha scritto, la figura dello scrittore maledetto, che vive di espedienti, scrive, beve, scopa il più possibile e non sa se domani potrà raccontarlo o meno, affascina.
Personalmente della lettura del suo materiale, ad oggi mi rimane ben poco, mi sono eccitato molto di più leggendo Fante, Pynchon e Vonnegut. Per gusti personali, lo colloco un gradino più in basso di questi autori ed un gradino più in alto di H.S. Thompson, parlo sempre di stile e di prosa ovviamente. Tuttavia ci sono dei passaggi che per la loro bellezza mi sono rimasti comunque in testa. In Ham on Rye (Panino al prosciutto, 1992), libro strettamente autobiografico, come quasi tutte le sue opere, il modo in cui descrive gli anni della depressione è fantastico e il finale, l’opera si conclude durante l’attacco di Pearl Harbor, è veramente meraviglioso, amaro, ma meraviglioso. Il suo modo di descrivere le relazioni sentimentali in Women (Donne, 1978) è da un lato sì volgare, ma dall’altro tenero, dolce a volte triste, quasi toccante. Hollywood Hollywood (1980) è una delle avventure più esilaranti mai scritte, tra l’altro è la storia della realizzazione della sceneggiatura del film Barfly (1987) del regista francese Barbet Schroeder, che Bukowski ha realmente scritto, all’interno del quale fa anche un cameo. Post office (1971) e Factotum (1975), sono le prime due opere realizzate, il suo stile è ancora un po’ primitivo ma sono comunque belli da leggere, Pulp (1995) invece è la sua fine, il suo testamento letterario e nelle ultime pagine è descritta la sua morte, o almeno come la immaginava, poco prima che sopraggiungesse.
Bukowski oggigiorno è uno scrittore ampiamente sopravvalutato, in primis a causa di questo cianciare inutile di citazioni e cazzate da internet, in secundis, come dicevo sopra, per via del suo modo di essere, del bere, del vivere di espedienti e dello scopare. Alla gente piace questa cosa, spesso proprio perché non conosce quello che l’autore ha veramente scritto. Se ci si avventura tra le sue parole si scopre quanta tristezza c’è dietro il paravento di una vita fatta di eccessi. La malinconia che si respira leggendo le pagine scritte da questo autore è talmente radicata da annientare completamente questa sua figura da enfant terrible.
Bukowski oggigiorno è uno scrittore ampiamente sopravvalutato, ma buttar via il bambino con l’acqua sporca, come accettare tutto per partito preso sono errori da non fare e se proprio devono esser fatti, che si legga almeno tutto ciò che l’autore ha scritto, prima di farlo.
Ad ogni modo il buon vecchio Bukowski-Chinaski va celebrato degnamente, stasera aprirò una nuova bottiglia di whiskey, di quelle cheap, come piaceva a lui e leggerò le sue poesie. Auguri Charles!