Ci sono delle melodie che mi fanno letteralmente sognare. Per esempio, non mi stancherei mai di ascoltare i classici di Glenn Miller. Mi sono seduto davanti al computer e proprio mentre ho attaccato a scrivere il deconstructing di oggi, è partita Stardurst. Ora, io volevo parlarvi di alcuni episodi di mutilazione di cavalli che stanno avvenendo in varie regioni della Francia, ma probabilmente ve ne parlerò domani, visto che siamo alla domenica sera e ho questa musica incredibile nelle orecchie.
Non so se ascoltiate Glenn Miller, se vi piaccia o meno, su di me, la musica della sua orchestra ha un effetto incredibilmente ipnotico. Cazzo, quei fiati che spingono come acceleratori di auto, su strade incredibilmente lunghe che sembrano non terminare mai, dirette chissà dove, non ha importanza, mi fanno vibrare il cuore e la mente.
Droga allo stato puro, talmente potente da farmi perdere completamente la cognizione del qui e ora, tanto che non so nemmeno cosa sto scrivendo in questo momento. Sono lontano anni luce dalla realtà di un week end che sta volgendo al termine, che si sta affacciando sulla sera e che presto si trasformerà in notte, per rinascere nell’inizio di una nuova settimana.
Routine dietro routine, settimane dopo settimane, risvegli, colazioni, lavori, pranzi, cene e poi a nanna, giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, va in onda l’inutilità di una vita, che si dipana in futili tentativi di sbarcare il lunario, di riempire le ore libere di un qualcosa che possa avere almeno una parvenza di utilità.
Ma questi fiati, che suonano nelle mie orecchie, che riempiono il mio cervello, questi fiati son davvero di un altro pianeta, un universo per i sognatori, per coloro che si innamorano una, due, milioni di volte, di qualsiasi cosa, di una donna, della notte, di un bicchiere di whiskey, di qualche abito da sera scintillante, di un profumo mai sentito prima, di uno sguardo mai sfiorato, di una frase rimasta sospesa durante una discussione, di un immagine mentale che si crea nel momento in cui, questa musica maledettamente ipnotica, raggiunge le orecchie e accarezza i neuroni oramai stanchi per il giorno appena terminato.
Come si spiega l’estasi di un attimo se non raccontando quella sensazione di appagamento che si prova, che provo, proprio in questo momento. Sono seduto alla scrivania, la luce del mondo si sta lentamente affievolendo, tramutando i colori accesi intorno a me in ombre sempre meno nitide. C’è un profumo che si sta lentamente spadendo ovunque, ma non so dirvi esattamente quale sia, è l’aria di casa mia, che riempie le mie narici, un odore di nuovo, di pulito, di vernice fresca, di tranquillità. E poi, ho le cuffie alle orecchie e quindi sono l’unico ad ascoltare Miller e la sua orchestra, che in questo momento suonano soltanto per me, un club esclusivo, una sala buia, luci soffuse e la musica ovunque.
Non vorrei essere in un altro posto, non vorrei essere in un altro momento, questo mi basta, non chiedo di più in questo attimo di pura estasi sensoriale, in questo istante meraviglioso, dove il battito del mio cuore s’incastra perfettamente all’interno del ritmo musicale, della luce che lentamente scompare, degli odori.
È una domenica così, scivolata nella tranquillità di un dolce far niente, il rilassamento è totale, il corpo ringrazia, la mente pure, se esiste un paradiso degno di esser chiamato con questo nome è sicuramente uno stato mentale come quello in cui sono io adesso.