Mi libero di te con il primo sole del mattino, quello più debole, quello più onesto. Mi libero di te e mi lascio andare alla mia giornata fatta di inciampi, di vuoto che palpeggia il mio corpo, come a chiedermi di scansarmi, di far largo all’immensità del nulla. Mi libero di te, amore e odio, che di croci ne ho abbastanza e poche cose mi deliziano ancora.
Ho fatto colazione con del pane e del formaggio, a sfamare il ratto che mi rode dentro, che strappando le mie interiora con i suoi dentini aguzzi, cerca di mandarmi, giorno dopo giorno, pezzo dopo pezzo al creatore o al distruttore, come preferite. Il pane era fresco, soffice, appena sfornato e quindi caldo, come certe lenzuola di letti sfatti, nel primissimo mattino, accozzaglia di pochi rumori e poca luce. L’ho addentato, se capite cosa intendo, aprendo la bocca in quel modo naturale, distorto, animalesco, incurante del mondo, incurante di me stesso, ne ho strappato via un pezzo.
Il formaggio invece è saltato in bocca da solo, lasciandosi andare al suo triste destino, suicidandosi dentro di me. Nato attraverso il dolce movimento delle mani di qualcuno, un orgasmo di dita, di toccante sapienza, morto nel biascicare di denti, che come macchine agricole schiacciano, stringono, lacerano, distruggono e niente resta, se non frantumi.
Mi libero di te e del tuo dolce pensiero, che contro l’amarezza del giorno che nasce, si frantuma in mille pezzi, vetro spaccato, buono al riciclo, forse, di altro amore da svendere, come inno alle motivazioni della vita, come antidoto all’inutilità di essa.
Della polvere, i raggi del sole mi rivelano l’esistenza. Corpuscoli nitidi sotto i suoi raggi, che si muovono in maniera disordinata nello spazio intorno a me. Nell’inutilità del loro svolazzare, finiranno per posarsi da qualche parte, come tutti gli esseri umani passati a miglior qualcosa, anch’essi cadranno a terra, si confonderanno sulle superfici e spariranno, altari a memorie sempre più labili, che si dimenticheranno di loro al primo batter di ciglia, non appena la puzza dei grisantemi sarà sparita.
Mi libero di te e forse questo ha un senso, che se ti ho amata, dal crepuscolo all’alba, diritto non hai di sopravvivere al giorno. Sofferenze ce ne sono abbastanza, ogni minuto, tristezze non ne parliamo, ti portassi con me nel giorno che avanza, rinuncerei alla vita stessa, tanto il tuo peso mi schiaccia, tanto la tua avvenenza mi disarma.
Ti lascio qui, tra le briciole di pane e formaggio, avvolta dalla polvere che lentamente, come cenere generata dai nostri cuori ardenti, ci sommerge, proteggendo i tizzoni caldi del nostro fuoco, ultimi pensieri d’amore e di morte dedicati a te. Presto anch’essi si lasceranno andare alla polvere. Lascio loro gli ultimi rimasugli di esistenza, li osservo di nascosto quegli occhietti rossi, diabolici, perfidi, che di nascosto mi implorano di rattizzarli, ma che inevitabilmente mi ricordano, che di te, c’è solo da aver paura.