Sono qui da un ora, da quando il sole non c’era, seduto in giardino sull’erba bagnata, ad attenderlo, poi è sorto, forse con qualche minuto di ritardo rispetto al solito. Ho fame, non ho ancora fatto colazione, ma non ho voglia di alzarmi da qui, disturberei un gruppo di uccellini intento a becchettare qualcosa tra l’erba, non mi va, avrò tempo per mangiare tra qualche decina di minuti.
Sono giornate un po’ così, di accozzaglie mentali e organizzazioni tecniche, giornate di poco spessore, direbbe qualcuno, se non fosse che alla fine c’è chi come me, tenta di darglielo un po’ di volume, magari trapuntandole con un po’ di gommapiuma, leggera, non troppo pesante, ma abbastanza ingombrante da permetter l’illusione, che le ore non siano state spese inutilmente.
Tre passi avanti uno laterale è lo schema di qualche danza, se la osservi dagli occhi di chi guida la coppia, ma poi si gira e diventa il contrario. Facendo attenzione a non uscir fuori dalla pista, quando si arriva a uno degli angoli del rettangolo di mattonelle, si procede a zigzag o a losanga, per i più colti, orecchio alla musica, attenzione alla posizione, sguardo sugli altri. Questo è il gioco.
Gli uccellini se ne sono andati, son volati su una pianta poco distante, parrebbe un melo ma chi può dirlo, l’autunno oramai ha sfondato il presente nascondendo un po’ la sua natura, almeno per quanto riguarda me, che di botanica so ben poco.
Che cosa vuol dire tutto questo? Intendo il sole, l’erba bagnata, l’animismo che attribuiamo a un uccellino o a una pianta, il nome che diamo a qualcuno o a qualcosa, tutte suggestioni che utilizziamo per riempire le nostre giornate umane, come gommapiuma, come ripieni di polpettoni, che altro non sono che agglomerati di ingredienti. Spiegare, spiegare, spiegare, dare un senso, una parola dopo l’altra, distruggere il mondo che ci circonda e ricostruirlo completamente, cercando di dar significato, interpretazione, ad ogni qual minima cosa appaia davanti a noi, secondo la nostra logica personale, il nostro celato egocentrismo. Cerchiamo così di attutire il colpo dell’inutilità, per proteggerci dal contraccolpo del fucile del nonsense, uno sparo, uno soltanto, e il bersaglio di quella pallottola con su scritto bang siamo noi, che abbiamo premuto il grilletto.
Ecco quel non chiederci la parola di Montale, al massimo qualche sparuta sillaba, a spiegare ciò che c’è dietro il sipario del senso, che cerchiamo di attribuire a qualsiasi cosa, a qualsiasi azione, il niente in quanto tale. E se ti piace Vasco, un senso non ce l’ha, pure lui c’era arrivato, ma anni fa, con Bollicine, solo che, vaglielo a spiegare tu al grande pubblico il nonsense, il quelliche… di Jannacci, col cazzo che organizzi il più grande concerto della storia, al massimo un tresette in qualche bar di Asti, dove a prendere un caffè o un Cinar, ci potresti trovare anche un Paolo Conte qualsiasi che alla domanda del giornalista: Qualche esempio di verso. Uno da Via con me, «Chips chips chips/ Du du du du du/ Ci bum ci bum bum…», l’altro da Bartali, «Za za ra za/ Za za ra za/ Za za ra za ra za za za za!». In Sotto le stelle del jazz il famosissimo «du-dad-du-dad» e ne Gli impermeabili: «Ma come piove bene sugl’impermeabili Ra ta ta ta ta ta e non sull’anima». Sarebbe fin troppo semplice chiamare in causa il Futurismo, per esempio Marinetti. Può essere una citazione consapevole o un’eco lontano? – Risponde serio e forse un po’ stufato il Conte Paolo: Il Futurismo non c’entra, si tratta di fonemi a carattere riempitivo e in funzione ritmica che, casomai, si collegano al canto scat…sa per non aggiungere parole di troppo.
Sipario. Se veramente ha un senso, pure quello.