Sprofondo nel terrore di un giorno qualsiasi. Morti intorno a me, danzano. Con movimenti lenti, lugubri, a tratti scoordinati, si improvvisano Fred Astaire o Ginger Rogers a seconda del sesso e non necessariamente nello stesso ordine, mi fanno paura. Con voci cupe, tetre, catarrose a volte, dipende dal virus, urlano per le strade semivuote, davanti a case tristi dalle finestre cieche.
Le mani rinseccolite e pelose si allungano verso porte chiuse, bussano, tra le grida e gli sghignazzamenti perfidi – Dolcetto o scherzetto? – farfugliano, in un misto di timore e sorpresa, generati dal non sapere chi potrebbe aprir la porta. Io oltre quel legno che ci separa interrogo i miei neuroni – Cazzo vogliono sti tizi? – mi chiedo, non sapendo né a quale dolcetto né a quale cazzo di scherzetto, stiano facendo riferimento gli sconosciuti al di là della porta.
Resto in silenzio, non parlo, nel buio dell’ingresso tendo l’orecchio e respiro piano. Il parquet del salone pare scricchiolare, come in un vecchio film di Hitchcock, tremo. Le voci si attenuano, gli spiriti maligni sembrano allontanarsi da me ed io, lentamente, strisciando le pantofole calde sul parquet, senza causare il minimo rumore, sciatore fondista provetto, torno a sedermi in poltrona davanti al caminetto. È il giorno dei morti, sembra dirmi il fuoco scoppiettante, le fiamme gialle che ondeggiano come danzatrici del ventre defunte, streghe coperti da veli, che su roghi inquisitori ardono fin quando il ceppo diverrà cenere.
Nel silenzio della stanza, il campanello suona – Chi sarà? – mi chiedo, ma non rispondo, il timore che nuovi spiritelli possano importunarmi, per propormi l’incredibile enigma di cui sopra – Dolcetto o scherzetto? – alimenta in me l’angoscia dell’ignoto, il terrore dell’ignoranza, del non saper cosa rispondere.
Il vento soffia forte, fa sbattere le persiane contro il muro, mentre una pioggerellina insistente comincia a importunare la mia abitazione. Il suo ticchettio sempre più forte, accompagna il crepitare del fuoco. Il campanello non suona più, ma riconosco il cigolio della cassetta delle lettere. Mi alzo e lentamente, torno ad avvicinarmi alla porta d’ingresso, l’attizzatoio ben stretto nella mano destra.
Apro lo spioncino, guardo fuori, spiritelli e fantasmi e morti vagano per le strade, bussano alle altre porte con insistenza. Qualcuno apre e poi, poi grida e urla e sghignazzamenti – Ma che cazzo mi hanno messo all’interno della cassetta per le lettere? Un pacco bomba? Un serpente? È una trappola? Quello scherzetto nefasto dell’enigma? – mi chiedo, nell’indecisione di aprire velocemente la porta e impossessarmi della missiva appena consegnata.
Continuo a spiare di nascosto, attendo nel silenzio che ogni forma di vita scompaia dal grandangolo del mio spioncino, poi, rapidamente, apro di scatto la porta, eroe intento ad attraversare il passaggio aperto su un’altra galassia, allungo la mano, apro lo sportellino ed estraggo la busta velocemente. Intorno a me la pioggia continua a cadere, lampi come crepe luminose in un cielo nero da far paura, tuoni che rimbombano facendo vibrare i vetri della mia abitazione.
Rapidamente ritraggo il braccio, la missiva ben stretta nella mano. Chiudo la porta e resto appoggiato ad essa, spalle contro legno, il mio ansimare, il battito del mio cuore accelerato. Tremo e mentre lentamente cerco di tranquillizzarmi, abbasso lo sguardo verso la busta. C’è il mio nome, scritto sopra e l’indirizzo parrebbe corrispondere, poi in alto a destra: Equitalia. Il battito del cuore torna ad accelerarsi, apro la busta come fosse l’ultima cosa da fare prima di morire, il terrore di una multa, di una tassa non pagata, indubbiamente di un problema e di soldi che se ne vanno, dilaga in me, quasi mi trovassi al cospetto di quella Bestia di Satana, venuto a chiedermi l’anima in questo giorno maledetto. Leggo: Egregio Signor. Simoncini … Scherzetto! – fottuti bastardi, l’anno prossimo ve le compro queste maledette caramelle e speriamo vi facciano venire la carie ai denti!