Sono seduto sulla mia poltrona preferita, nel mio salotto. Le finestre sono aperte, oggi fa caldo e ho deciso di areare un po’ la grande stanza. Il sole illumina con discrezione, non sono quei raggi invadenti di certi mattini limpidi, piuttosto una luce soffusa e gentile. Chino su di me, i gomiti appoggiati sulle ginocchia, osservo una mattonella del mio pavimento. È una lastra di pietra, di forma quadrata, regolare, venti centimetri di lato, che le fanno occupare un’area di quattrocento centimetri quadrati. È di colore rossastro, un po’ antico, ma gli anni di vita della casa mi fanno pensare di più a un rosso fuoco, scolorito dal tempo e dall’usura. Ci sono delle piccole imperfezioni sulla sua superficie, dei buchetti scuri e una crepa quasi impercettibile. Sposto una gamba, appoggio il piede sulla mattonella e premo forte. Svolge la sua funzione normalmente, ricopre il pavimento in cemento armato e allo stesso tempo sorregge il mio piede. Mi alzo, mi posiziono sopra di lei, sorregge tutto il mio corpo e sorreggerebbe anche lo sgabello, una gamba del tavolino o oggetti molto più pesanti, se solo trovassi la voglia di andare a recuperarli nel mio garage. Torno a sedermi, la osservo ancora. Non si sposta, non si muove, resta lì, incollata al pavimento a svolgere la sua semplice funzione, per la quale è stata concepita. Senza cambiare, senza evolversi, al massimo spostandosi lievemente, seguendo i cambiamenti strutturali dell’abitazione e del terreno sulla quale è stata costruita. Chiudendo gli occhi posso immaginare chi può averne calpestato la superficie, i personaggi che si sono trovati ad accarezzarla con i loro piedi. Posso immaginare quale funzione rivestisse prima, quella pietra, posso pensare a chi l’ha trovata e in quale luogo, a colui che l’ha trasformata, alla persona che l’ha installata lì per terra. In base alla mia specialità tecnico-scientifica, se fossi un chimico o un fisico per esempio, potrei studiarne anche le componenti, e andare via via più a fondo, nella materia ovviamente, ma mi sarei già staccato dalla mattonella in quanto tale e sarei oltre.

A differenza delle mattonelle, le persone non hanno una struttura definita, non hanno un corpo stabile, statico, immutabile e la loro mente, cazzo la loro mente è pura creazione, nel bene e nel male, impossibile cristallizzarla. Dalla nascita alla morte, ogni giorno sono soggette al cambiamento, ogni giorno si modificano in qualcosa di nuovo, ogni giorno abbandonano il vecchio per trasformarsi in qualcosa che ancora non esiste. Sì, qualcuna di esse mantiene una certa coerenza di base lungo tutto il corso della vita, ma questa è più dovuta al ruolo che alcune persone rivestono all’interno della società piuttosto che ad altro. Nonostante ciò, già scrivendo queste poche righe, si potrebbero cominciare a fare le prime obiezioni di natura filosofica e culturale e questo ci porta al problema di base, le persone sono inafferrabili, incomprensibili, impossibili da inserire in una struttura ben definita. Forse sarebbe possibile inquadrarle in una concezione più relativistica, ma le variabili che si intersecano durante la vita e lo sviluppo di una persona sono talmente tante, che anche assumere una posizione neutra, di questo tipo, appare quasi impossibile. Quello che è chiaro però, è che le persone ovviamente non sono come le mattonelle, ed è impossibile descriverle nello stesso modo. Così, oggi, nel parlare di Maradona, limitiamoci a dire quello che si sa, ovvero, che era un essere umano come tutti quanti, dotato di un talento incredibile per quello sport che chiamiamo calcio. Per il resto, nessuno viene al mondo per diventare un idolo e soprattutto un esempio per gli altri, una mattonella per sostenere il peso di chi lo identifica come un modello da seguire. Anzi, non dobbiamo assolutamente stupirci, se poi quella che crediamo essere una mattonella, non regge, si frantuma, e ci troviamo col culo per terra a dire – Si calciatore incredibile, ma nella vita era un piccolo uomo – delusi, come i bambini che osservando le nuvole distinguono la forma di un elefante e poi si rattristano perché quello scompare. Resta il cielo azzurro, impalpabile, intoccabile, indistinguibile, inesistente, il niente che contiene il tutto, proprio come le persone, proprio come te, come me, come Diego, mentre l’elefante, l’elefante non è mai esistito se non nella nostra fantasia.

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