Chiudo gli occhi e mi ritrovo improvvisamente su un set cinematografico. Ci sono un sacco di persone intorno a me, gente che non ho mai visto. Ci sediamo a un grande tavolo e cominciamo a parlare di un nuovo film, apparentemente lavoriamo tutti per David Lynch. La pellicola sembra trattare di possessioni e spiriti, anche se nessuno ha le idee molto chiare – con David non si sa mai dove andremo a finire… – mi sussurra all’orecchio una ragazza seduta di fianco a me. Indossa una tuta in latex nero, scarpe col tacco, ed ha i capelli avvolti in una grande treccia che sfiora il pavimento. Non vedo il suo volto o meglio, mi appare sfumato, sfocato, perturbato da qualcosa. Invece, percepisco chiaramente il calore della sua mano destra che, appoggiata sulla mia spalla sinistra, mi accarezza, premendo forte l’indice sulla mia scapola. Sorrido e per qualche assurdo motivo, annuisco involontariamente con la testa, come se sapessi di cosa sta parlando, dopodiché mi metto nuovamente a seguire la discussione che fluttua in mezzo al tavolo. Qualche minuto dopo, quando realizzo di non essere riuscito a percepire il viso della mia vicina, mi volto nuovamente, la ragazza è sparita. La cosa apparentemente non mi stupisce più di tanto, come se niente fosse, torno a seguire la discussione, fin quando, improvvisamente, cado in un sonno profondo.
Al mio risveglio, mi ritrovo disteso su un cartone sistemato per terra, un asciugamano arrotolato sotto la testa a mo’ di cuscino. Una ragazza che non conosco si avvicina a me con una tazza di caffè in mano, mi sorride, il volto in una sincronia perfetta di movimenti delicati, atti a comunicare conforto – Dovevi proprio essere stanco, improvvisamente ti sei addormentato sul tavolo… Jeremy e gli altri ti hanno sollevato e ti hanno appoggiato lì su quel cartone… – dice, porgendomi la tazza e accarezzandomi la spalla sinistra. È in quel momento che percepisco un dolore forte e un bruciore che si estende lungo tutto il braccio.
Rapidamente appoggio la tazza di caffè sul tavolo, apro il bottone sul polso della camicia e scopro completamente l’arto. Lo stupore si dipinge sul mio viso e su quello della ragazza, davanti ai nostri occhi, sulla mia pelle, si materializzano una serie di tatuaggi strani di colore nero. Case, strade, stelle, alberi, mele, animali, sono sparsi un po’ ovunque, dalla scapola fino al polso. Penso a uno scherzo, a qualcuno che, mentre dormivo, armato di penna, si sia divertito a dipingermi il braccio, magari proprio mentre ero collassato sul tavolo, ma i simboli non accennano a rovinarsi al passaggio delle mie dita bagnate su di essi.
È in quel momento che David Lynch compare improvvisamente e osserva il mio braccio – Sei posseduto da qualche entità ragazzo…vieni con me… – mi dice. Mi accompagna in quello che immagino essere il suo ufficio, si siede sulla moquette amaranto, a gambe incrociate, in posizione Sukhasana, e invita me a fare la stessa cosa di fianco a lui – Adesso chiudi gli occhi e rilassa i tuoi muscoli, dopodiché una volta svuotata la mente, visualizza un aereo che sta discendendo dal cielo e che atterra proprio davanti a te. Visualizza il portellone che si apre e una serie di maschere rituali, che dopo essere scese dal velivolo, si allineano perfettamente davanti al tuo campo visivo…io farò il resto… – dice sicuro chiudendo gli occhi.
Chiudo gli occhi anche io, cerco di rilassarmi e di visualizzare quello che mi ha detto. Vedo un piccolo aereo che scende dal cielo, lo vedo atterrare, bianco, una linea rossa come decorazione. Vedo il portellone che si apre e alcune maschere rituali uscire, fluttuare nel vuoto e allinearsi davanti a me. Improvvisamente, nella scena che ho visualizzato, appare David, sorride, annuisce guardando nella mia direzione poi, serio, concentrato, ispeziona le cinque maschere, tutte differenti l’una dall’altra, passando davanti a loro un paio di volte. Si sofferma sulla terza, si posiziona dietro di essa e la indossa. Le altre maschere scompaiono improvvisamente senza che io ne visualizzi la loro sparizione. Quella scelta si illumina e cambia forma adattandosi al viso di David. Lui sorride e si allontana, io mi sveglio, una seconda volta, nel buio della mia stanza. Accendo l’abat-jour, guardo il braccio, non ci sono segni.