Un ragno enorme e peloso si cala giù dal soffitto. Scende lentamente, lo vedo apparire improvvisamente davanti ai miei occhi, mentre di fronte allo specchio del bagno mi sto rasando la barba. Per un attimo resto immobile, la mano destra, che stringe tra le dita la lametta, si ferma, stupito osservo l’ennesima forma di vita che ha scelto il mio appartamento come dimora, i suoi colori scuri, le sue zampette pelose. Assorto nell’esplorazione di quello strano alieno, immobile, quasi non mi accorgo che le dita della mano destra si contraggono automaticamente. Un lieve dolore giunge dalla guancia semi-rasata – Cazzo mi sono tagliato! – esclamo, ritraendo velocemente la mano. Gocce di sangue colano giù lungo il viso e cadono nel lavandino. Macchiette rosse su ceramica bianca, allungate in direzione del buco dello scarico, formano strane figure, frattali distorti. Allungo una mano verso la scatola di fazzoletti, ne estraggo uno e dopo averne strappato un lembo minuscolo, lo applico sopra il taglietto. La carta bianca, candida, si colora di rosso vivido e resta attaccata, ben salda, alla pelle.
Il ragno che si era calato di fronte a me, probabilmente, colto dai miei movimenti bruschi, è corso velocemente a nascondersi da qualche parte. Peccato, chissà che non fosse una bella compagnia per passare la serata, chissà quali storie assurde avrebbe potuto raccontarmi. Resto da solo ad osservare il mio riflesso nello specchio, il taglietto a pochi centimetri dal labbro, coperto dal piccolo coriandolo di carta, oramai impregnato completamente di sangue. Il mio sguardo si fissa sul rosso vivido e un secondo dopo, improvvisamente, vengo catapultato a più di trent’anni di distanza dall’adesso. Di fronte a me il mio viso ringiovanito, sorridente, appena nove anni di vita accumulati sulle spalle, la schiuma Proraso a coprire parte delle guance e del mento, la mia mano che stringe la lametta di mio padre, a rasare una barba praticamente inesistente. Percepisco il bruciore sul volto, il dolore dei tagli, vedo il sangue macchiare la schiuma da barba in più punti, sono pieno di ferite sul volto.
Scuoto la testa, mi ritrovo nuovamente nel mio presente, il viso un po’ invecchiato, la barba rasata a metà. Tolgo il pezzetto di carta dal volto, una goccia di sangue fuoriesce dalla ferita ma non scivola giù lungo il mento, come le precedenti, resta immobile sulla pelle. Prendo nuovamente in mano la lametta, ricomincio a radermi, il mio pensiero torna al ragno, sparito chissà dove.
Mentre svolgo le normali operazioni di rasatura mi è impossibile non continuare a pensare a quel me giovane, ai sogni che avevo, a quei tagli sul viso, risultato di rasature immaginarie, esito disastroso del mio desiderio di diventare adulto subito. Ecco, adesso, nel mio essere adulto e padre, mi chiedo cosa resti di quel me di allora, mi chiedo dove sia finito quel ragazzo, che tagliandosi facendo finta di farsi la barba, si guardava allo specchio sorridendo, pieno di desideri e cerotti.
Finisco di radermi, sciacquo il viso con l’acqua fredda e mi guardo nuovamente allo specchio, dalla ferita continua a scendere il sangue. Stacco un altro quadretto di carta, lo applico sul taglio, sorrido al me riflesso, oggi come allora, gli stessi desideri.