Questo per me è il giorno di Sergio, Leone intendo, uno dei registi che a me mancano di più, uno di quelli che, fossi nato qualche anno prima, avrei atteso con trepidazione, ogni volta che la notizia di un suo nuovo film fosse balenata sui giornali. È un mito intramontabile che continua a vivere e a farci battere il cuore. Io lo vedo così:
Nel volto di Clint Eastwood che alzando la testa e rivelandosi sotto al cappello, si accende uno dei suoi interminabili sigari. Nel sorriso beffardo di Lee Van Cleef, durante le prime scene di: Per qualche dollaro in più (1965) quando, a un vecchietto seduto sul treno di fronte a lui, che gli dice – Mi dispiace, ma questo treno non ferma a Tucumcari… – risponde – Questo treno ferma a Tucumcari… – e poi tira il freno d’emergenza. Nel volto sadico di Gian Maria Volonté, nella violenza delle espressioni del buon Mario Brega, nel volto di Eli Wallach che corre tra le tombe alla ricerca del bottino di una rapina in: Il buono, il brutto e il cattivo (1966) e negli occhi tristi dell’attore, colmi di lacrime, quando, in una recente intervista, poco prima della sua morte, rivelò di aver smesso di parlare con il regista il giorno in cui non gli assegnò un ruolo che gli aveva promesso, quello di Juan Miranda in Giù la testa(1972), interpretato invece da Rod Steiger.
E poi, cazzo, nel viso di DeNiro che ride nella scena finale di C’era una volta in America (1984), nel sogno ad occhi aperti di James Coburn, poco prima di farsi esplodere in Giù la testa, nella delicatezza di Claudia Cardinale quando in: C’era una volta il West (1968), arriva alla stazione di Flagstone. Le immagini che la mostrano entrare nell’edificio, il dolly che si alza in perfetta sintonia con le musiche di Morricone e al di là della struttura, il West. E, sempre nello stesso film: nella sequenza di Paolo Stoppa che guida il calesse attraverso la Monument Valley, negli occhi azzurri di Henry Fonda, per la prima volta impegnato nel ruolo di un cattivo, nell’amarezza della morte di Jason Robards alias Cheyenne e nel suono dell’armonica di Charles Bronson.
E poi ancora, negli spolverini dei cowboys, nell’ossessione per i dettagli incredibilmente curati, negli incredibili piani sequenza. E continuando: nella voce di Quentin Tarantino che dice – Give me a Leone… – quando chiede un’inquadratura diretta, al volto di uno degli attori. Nello striscione appeso fuori dal cinema all’uscita di C’era una volta il West – Sergio sei meglio di John Ford! – nella malinconia di Carlo Verdone, che raccontando dettagli incredibili sulla loro meravigliosa amicizia e sul dietro le quinte dei suoi film, quasi sempre ci fa scappare una lacrima. Per finire nella fantastica collaborazione con Ennio Morricone e sui gradini di Viale Glorioso a Roma, con la targa a lui dedicata, che ce lo ricorda ogni volta che passiamo di là.
La finisco qui, perché potrei andare avanti per ore. Sergio grazie per questi meravigliosi film che ci hai regalato e che oggi ci fanno storcere il naso durante la visione di pellicole più recenti, lontane anni luce dal tuo modo di fare cinema. Ci hai rovinati, insieme ad altri registi hai contribuito ad alzare l’asticella di quel che viene definito buon cinema e per questo mi viene da dirti e da chiederti – lo sai di chi sei figlio tu?