Un demonio minuscolo seduto sul mio petto, mentre io, disteso sul divano, mi percepisco come completamente paralizzato. Questo ricordo del sogno dal quale sono appena uscito, risveglio improvviso nella notte. E come rideva quell’infame satanasso, la pelle rosso fuoco, le corna, la coda, e un bicchier d’acqua stretto nella mano destra, all’interno del quale infilava ripetutamente le dita della mano sinistra per poi estrarle e schizzarmi la faccia, come a volermi svegliare. Mi si accappona ancora la pelle ripensando allo stridere delle sue unghie lunghe e nere a contatto col vetro del bicchiere.
Mi sono addormentato per l’ennesima volta sul divano e non è stata una buona idea, visto i dolori alla cervicale. Nel silenzio del grande salone, per metà avvolto dall’oscurità, guardo l’orologio, le tre non sono decisamente l’ora più idonea per svegliarsi, senza contare che percepisco ancora, nonostante non stia più sognando, la presenza di quell’entità terribile venuta a disturbare la mia notte. Mi succede spesso ultimamente, di fare questo tipo d’incontri, gli spiriti malefici dell’inverno stanno ancora danzando sulle note delle loro macabre marcette, facile che qualcuno di essi capiti nei paraggi ad aggravare il mio già agitato sonno.
Guardo il telefono, mi sono addormentato molto presto, forse prima delle nove di sera, alcuni messaggi sono rimasti in sospeso, qualche chiamata che non ho sentito, amici che mi hanno cercato. Il tempo sulla terra si divide in due, quello che passiamo a cercare di farci ascoltare dalle persone e il restante, che passiamo a fuggire da esse, alla ricerca di una qualche sorta di pace, di solitudine, di evasione dalla società di cui facciamo parte.
Non so cosa fare, se distendermi e provare nuovamente a prendere sonno, mettermi a scrivere, o contattare un amico, qualcuno ancora sveglio, magari per via di un diverso fuso orario. Scelgo la prima opzione, sfuggendo alla tentazione dello scrivere, che mi porterebbe di conseguenza all’ennesima notte insonne e evitando di contattare qualcuno, con il quale dovrei instaurare una conversazione che alle tre di notte, indubbiamente, non ho la capacità cognitiva di sostenere.
Mi distendo nuovamente sul divano, spengo la luce precedentemente lasciata accesa, chiudo gli occhi. Il demone torna a sedersi sul mio petto, stavolta non ride più, come un gatto si arrotola su se stesso, si addormenta, e il suo lieve russare, regolare, accompagna il mio lento discendere negli inferi della mia notte.