Risvegli. Ho sognato sirene morte sulle sponde di un fiume in secca, salici piangenti a fare da sfondo all’inverno inoltrato. C’era un battello in mezzo al fiume, l’ho raggiunto a nuoto, per ritrovarmi, una volta salito sul ponte, nell’atrio di una grande villa. Numerose armature, tappeti, arazzi, armi e mobili antichi riempivano in maniera caotica quell’enorme stanzone senza porte ne finestre, solo una scala di fronte a me, unica direzione da prendere.
Ho salito i gradini, ma raggiunto l’ultimo, l’edificio si è dissolto completamente, di fronte a me è apparsa una grande spiaggia, sabbia bianca ovunque, il mare lontano, all’orizzonte. Ho provato a raggiungerlo. Impossibile. Ad ogni mio passo la grande distesa d’acqua si allontanava da me. Esausto mi sono seduto a terra e solo allora ho notato il meraviglioso tramonto, il sole rosso per metà inghiottito dal mare infiammava l’orizzonte.
È stato in quel momento che a pochi metri dal mio piede ho visto apparire improvvisamente un buco, dal quale subito dopo è spuntata una corda. Inutile dire che l’ho afferrata e mi sono calato. Ho iniziato la discesa, ma più mi allontanavo dalla superficie e l’ingresso del tunnel si faceva un punto minuscolo sopra di me, più le sue pareti si restringevano costringendomi a rallentare, fin quando mi sono ritrovato incastrato. Una moltitudine di insetti, ragni, vermi, sono sbucati fuori dalla terra, potevo percepire il loro muoversi su tutto il corpo.
Là nell’incapacità di risalire o scendere ancora, ho vissuto o creduto di vivere, per un tempo che adesso mi sembra irrisorio, ma che ho percepito come infinito, la lenta agonia di sofferenza e morte. Il respiro è mancato, mentre cercando di muovermi facevo sì che polvere, sassi e zolle di terra cadessero sopra di me. Là in quel buio totale, l’ingresso al tunnel scomparso, mi sono sentito soffocare e ho percepito il mio corpo come completamente paralizzato. Solo allora ho aperto gli occhi al giorno. Risvegli.