C’era mia madre, nel sogno di stanotte. Seduta su un sofà di velluto rosso, indosso un abito lungo di colore blu elettrico, cercava di dirmi qualcosa. Parlava, muovendo le mani delicatamente, sorridendo, ma la voce che usciva dalla sua bocca, non era la sua, bensì quella di un uomo che si esprimeva in latino. 

Non riuscendo a capire niente di quello che diceva, ho tentato di aggrapparmi a quelle poche parole latine che conosco, fin quando lei, esasperata, non ha schioccato le dita ed è scomparsa nel nulla, il sofà vuoto di fronte ai miei occhi. Ho provato una forte angoscia in quel momento, frustrazione, tristezza, malinconia, inadeguatezza, sentimenti che se ne sono andati così, come erano arrivati, nel momento in cui il paesaggio intorno a me, improvvisamente è cambiato. 

Mi sono ritrovato all’interno di una grande stanza senza finestre, le pareti costruite con mattoni rossi a faccia vista, incisi con simboli e parole che non riuscivo a comprendere in nessun modo. Torce appese ovunque illuminavano l’ambiente spoglio di ogni arredo, se si esclude la presenza di un grande camino acceso e di una sedia impagliata posta di fianco ad esso. Lentamente, mentre osservavo le iscrizioni scolpite sui mattoni rossi, senza riuscire a capire niente di quello che vi fosse rappresentato, mi sono avvicinato al camino e sedutomi sulla sedia, ho percepito un tremore proveniente dal sottosuolo. Una scossa molto forte ha squarciato in due il pavimento, ed io sono caduto giù,  per un tempo che mi è sembrato infinito. 

Mi sono svegliato poco dopo, sudato, nel mio letto, le tre del mattino appena passate, il buio intorno a me, il cuore che batteva forte, le lenzuola fredde. Ho acceso l’abat-jour sul comodino e con il cuscino dietro la schiena, appoggiato alla spalliera del letto, ho cominciato a prendere nota del sogno appena fatto. Il silenzio che regnava nella casa, ha improvvisamente attratto la mia attenzione e la mano che stringeva la penna si è fermata di colpo. 

È stato in quel momento che ho provato un incredibile desiderio di ascoltare In a sentimental mode (1935), un pezzo standard del jazz composto da Duke Ellington, nella versione registrata con John  Coltrane, che da secoli oramai, non ascolto più. Così mi sono alzato e in vestaglia da notte ho raggiunto il salone e messo su il vinile: Coltrane for Lovers (2001). Mi sono disteso sul divano, pare impossibile che Ellington abbia composto questo incredibile brano a braccio, durante un concerto, con il solo intento di porre fine a un litigio scoppiato tra un suo amico e due donne. Ho chiuso gli occhi, la pace della notte ritrovata, un San Valentino postumo, tra me e me. 

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