Passeggio nel bosco, in questo mattino di nebbia e pioggia. Fa freddo, il paesaggio appare avvolto da un alone sovrannaturale, magico, un libro o un film fantasy, miti lontani perduti nel racconto di qualche vecchio, centinaia di anni fa. Pioviggina le gocce picchiettano sulla mia testa, il rumore sordo dei miei passi che schiacciano il fogliame, l’erba, il muschio, a cadenza ritmata, quasi m’inquieta.
Amo vagare per i boschi senza meta, da solo, quasi perdendomi, nella speranza, soprattutto in questi periodi di stallo, di routine, che accada qualcosa di inconsueto, di inaspettato, bello o terribile che sia. Amo vagare per i boschi, venir a contatto con profumi nuovi, ben lontani da quel puzzo di città al quale oramai sono troppo abituato.
In posti come questo, in cui mi trovo adesso, si fanno sempre incontri particolari: un cerbiatto, un falco, una poiana, lepri selvatiche, una volta incrociai anche un cinghiale, che per fortuna se ne andò per la sua strada. Il bosco, universo parallelo a quello cittadino, mondo alternativo di ancestrale memoria, origini, passato, la parte più selvaggia di me, del mio patrimonio genetico, di quelle aree più antiche del mio cervello, eredità di un epoca neanche troppo remota.
Nel rumore di pioggia e passi lenti, scendendo da una collina, appoggiandomi a un bastone, ramo secco di albero trovato casualmente per terra, distinguo non lontano da me, una macchia rossa non troppo grande. Tra l’erba, il muschio e gli alberi, alza la testa una volpe. Meraviglia. Cerco di restare immobile, lei si muove titubante verso di me. Fermo in una posizione scomodissima, attendo, si avvicina ancora. Poi, un passo, un ramo secco che si spezza, la volpe che fugge via lontana, nell’altra direzione.
Incontri così, in domeniche particolari, un po’ cupe, a tratti tristi, melanconiche. Incontri così, di rara bellezza, di piacere inaspettato. Riprendo a camminare, a perdermi tra i tronchi tutti uguali, a smarrire me stesso nella nebbia, nella pioggia, in questo freddo penetrante che invade il mio corpo, avvolge le mie ossa, a tratti paralizza i miei movimenti, con la speranza di incrociare nuovamente questa mia nuova conoscenza.