È così che si allunga il risveglio del sabato, lo struggente Adagio di Albinoni a riempirmi le orecchie, l’odore del caffè, un’idea di tristezza che mi avvolge, mi accarezza il volto, mi fa sorridere e, allo stesso tempo, mi strappa una lacrima, mentre fuori l’azzurro, il verde, la fanno da padroni, abbraccio sensuale alla luce di un sole ancor più brillante, ancor più illuminante del solito.
Ci son musiche così, che senza un apparente motivo, ti strappan via la pelle, la carne, e di te non resta che un battito di cuore, sordo, cupo, che librandosi nell’aria, raggiunge il pulsare dell’universo, un tutt’uno di sentimenti e materia, inconcepibile perfino al pensiero umano, che sbattendo contro quest’immensità, quasi di riflesso, si trova costretto a frammentarla, tanto è disturbante, angosciante, terribile, la frustrazione di questo eterno non capire.
Bevo un sorso di caffè, sensazione strana, il suono dei violini, i colori della terra, l’universo, chiudo gli occhi e mi ritrovo altrove, nel buio, tra le stelle, e non ho paura, e mi sento a casa, e fluttuo così, in un niente straripante di tutto, il cuore che non batte più, il cervello che non ragiona, tanto è violento il percepire universale fatto d’incomprensibili messaggi e stimolazioni, olfatto, gusto, tatto, vista e udito che si fondono insieme, sinestesie complesse, pressione che mi avvolge e con forza, mi sbatte nuovamente nel mio corpo.
Apro gli occhi, l’Adagio di Albinoni sempre qui, a riempire il salone. Poggio la tazzina di caffè vuota sulla cucina, prendo uno dei tulipani rossi dal vaso sul tavolo, lo stringo tra le dita della mano destra, piego il braccio, quasi a portare il fiore all’altezza del cuore, tendo l’arto sinistro aprendo leggermente la mano e, al successivo attacco d’archi, mi metto a danzare.
Giro, giro, giro, e in questo vortice, il rosso dei petali che si trasforma in una striscia di sangue contro il bianco della mia maglietta, in contrasto con il marrone delle pareti, vedo scomparire la casa, il giardino, la città. Un prato verde infinito, miraggio di Eden non ancora trovato, si materializza tutt’intorno a me, al fiore, alla nostra danza infinita, affronto più grande all’eternità dell’universo, che ci ha dato la vita.