Ecco, io a volte mi fermo, ci penso, a quei momenti importanti, passati, a volte presenti, e me lo chiedo, guardandomi allo specchio, se avrò la forza di fare un altro passo, di raggiungermi, in un crescendo continuo dove fermarsi non è contemplato, un respiro, un desiderio, costruire, distruggere, ricostruire, e poi, le stesse vecchie paure, il tremare della mano nel girare il pomello di una porta, il piede che esita, prima di fare un passo, prima di accedere alla stanza successiva e inevitabilmente ricominciare tutto da capo, il chiedersi: avrò fatto la scelta giusta? la macchina spenta davanti al cancello d’ingresso chiuso, il telecomando d’apertura, dimenticato in quella casa un tempo tanto amata, impossibile da recuperare, attendendo, con mille dubbi e paure nel cuore, mezzanotte passata da qualche minuto, l’arrivo del camion della nettezza urbana, che aprirà il portale verso le sei del mattino o, in alternativa, il rientro di qualche vicino nottambulo.
Domande così, che pensandole, mi fanno ricordare le centinaia di volte in cui me le sono poste, la pelle che si accappona, il brivido che corre lungo la schiena, domande così, che mi fanno cedere alla tentazione di chiedermi: sarò stato all’altezza della situazione? Avrò dato tutto quello che potevo dare? Ho fatto del mio meglio? Avrei potuto fare di più?
Quesiti senza risposta che cadono nel niente, si frantumano nel silenzio che regna in casa, notte inoltrata, luci spente, bagliori che entrano dalla finestra, persiane rimaste aperte, ombre scure che ballano intorno a me, inevitabili inquietudini della vita, le figlie dell’incertezza, mille veli intorno ai loro corpi, tintinnio di medagliette dorate appese alle stoffe che le avvolgono, posso vederle, distinguerle dal buio in maniera chiara, e attraverso quella seta, nello sbrilluccichio dei lustrini, che il lampione illumina quasi fosse una luce di scena, posso vederlo, tutto il mio passato, le mie scelte, squarci in mille sipari, passaggi da una situazione all’altra, da una stanza all’altra, posso vederlo, e il cuore freme, i pensieri si sovrappongono l’uno sull’altro, ragione che cede alla passione, si arrende, se ne va, le danzatrici che continuano a girare su sé stesse, ininterrottamente, vortice infinito, tornado che risucchia i mobili, tutto il ciarpame disseminato un po’ ovunque, i libri, centinaia di parole, voci, speranze, sogni, desideri, voglie di cambiare, rivoluzioni e infine me – che cosa rimarrà di tutto questo? – ho il tempo di chiedermi prima di sparire, il nulla che resta, vuoto, oscurità, mentre nell’infinito universo, un’unica frase, forse un sussurro, più probabilmente un pensiero, risuona: vorrei tu fossi qui.