Spazio. Stretto nel tuo abbraccio, mi lascio andare, esploro, la tua pelle, la mia pelle, cammini che si stendono diretti verso l’infinito universo, un gesto, un respiro, un battito di cuore, movimenti cellulari, miraggi d’eternità, parvenze di divinità antiche, venerate, desiderate, amate, penetrazione della nostra intimità più nascosta, più segreta, misteriosa.
Sto bene, tranquillo, vivo, il silenzio squassato da un fremito, un gemito, onde nello spazio, unirsi e allontanarsi, dinamiche perfette che si perdono tra le dita delle nostre mani, tra i giri e i solchi dei nostri cervelli, mentre apro e chiudo le palpebre, ti vedo, non ti vedo, e perfetta appari ai miei occhi, nel tuo esistere, essenza, miracolosa presenza, ombra oscura ed inquietante, che diventa luce nell’istante in cui la pelle copre la mia pupilla.
Osservo le tue labbra socchiuse, umide, porta aperta sul tuo universo, e provo ad ascoltare. In principio era un soffio delicato e poi, un pianto assordante, quello che sento rimbombare in me, ad ogni movimento, piacere ad avvolgermi, ad avvolgerti, tempo che scricchiola, si frantuma, resta imprigionato tra i tuoi, tra i miei capelli, eternità improvvisamente ritrovata, rinnovata follia che esplode ovunque.
In principio eri tu, ero io, un divano, la stanza avvolta nella penombra, l’abbraccio, corpi nudi, ritrovarsi, perdersi, ritrovarsi di nuovo, fuori dallo spazio e dal tempo, nessuna speranza di sopravvivenza, nessuna parvenza di morte, ricongiungersi dopo millenni di separazione, e poi, un flash, visione disturbata da miliardi di lampi improvvisi, cranio che esplode, fremito cerebrale, immagini silenziose che si susseguono l’un l’altra, confusione, percezione frammentaria della realtà, caos eterno, infinito.
Spazio. Perso in un altrove distante anni luce dalla terra, fluttuo nel buio, mi lascio andare, senza meta, nessun pensiero a guidarmi, in balia delle onde gravitazionali, viaggio verso nuove galassie, il corpo smarrito chissà dove, essenza di me che emerge dal tutto che mi circonda, mi abbraccia, mi penetra, nuova fecondazione, e poi, in un infinito ripetersi, una nuova rinascita.