Gabbiani che volano, cielo azzurro, il porto di questa incredibile città affacciata sul mare, centinaia di barche a vela, nemmeno un soffio di vento, nessuno parte, nessuno arriva. Ho un peso sul cuore, lo percepisco mentre seduto su una panchina, osservo i passanti, staticità riflessa dalla dinamicità dei loro passi, diretti chissà dove, verso chissà quali destini, immobilità della vita terrena, costrizione, prigionia mentale e non. Respiro profondamente, mi massaggio il petto, la peluria sulle braccia pare elettrizzata, la mia ipocondria, la mia paura di morire – infarto? – mi chiedo, le gambe che cominciano a muoversi, quasi godessero di vita propria.
C’è stato un tempo in cui tutti questi pensieri, li lasciavo agli altri, oggi, non posso staccarmene, risucchiati dall’oscurità della mia ombra, mi accompagnano, passo dopo passo, dinamicità riflessa dalla loro staticità, mentre mi dirigo chissà dove, verso chissà quale destino. C’è stato un tempo, del quale oramai restano pochi echi lontani, che cerco di raggiungere, ogni volta che posso, evasione dalla prigionia mentale e non, ricerca di una via d’uscita, la mano destra a massaggiarmi il petto, il dolore che avvolge prima la spalla, e poi, tutto il braccio sinistro, le dita che si intorpidiscono. Cado a terra, d’improvviso, peso morto, il buio ad avvolgermi, la sensazione che tutto sia finito, silenzio, nessuna stimolazione sensoriale, pace.
Gabbiani che volano, cielo azzurro, il porto di questa magica città affacciata sul mare, centinaia di barche a vela, nemmeno un soffio di vento, nessuno parte, nessuno arriva, gente che cammina diretta chissà dove e, sotto una panchina, un vaso contenente alcune piantine multicolore a nasconderlo alla vista degli altri, il corpo di un uomo morto. Nessuno lo ha visto morire, cadere, andarsene, nessuno eccetto me, che chissà cosa sono, fantasma, sbrilluccichio d’eternità, parte d’universo, pulviscolo microscopico.
Guardo il corpo inerme, non ne capisco il motivo, l’importanza, dopodiché scompaio nel tempo e nello spazio, mentre lontano anni luce da me, la voce di una donna grida qualcosa, schiamazzi indistinguibili risuonano nell’infinito, gabbiani si alzano in volo, ed una nave si stacca dal molo, diretta chissà dove, chissà verso quale destino, un tramonto struggente a salutarne la partenza.