Notte, silenzio, un ricordo scivola giù lungo il mio braccio, raggiunge la mano, penetra tra le mie dita. Lo afferro, lo guardo, sorrido, tu, io, sdraiati all’ombra di quel meraviglioso ciliegio, sul bordo della strada di campagna che percorrevamo durante le nostre passeggiate estive, pianta sotto la quale sostavamo, a mangiarne i frutti, a parlare, a riposarci, dal caldo e dal mondo, piccolo angolo di paradiso, che talvolta ancora visito, alla ricerca di qualche parvenza di magia, pulviscolo di e del passato, oramai raggiungibile solo mentalmente, con un salto, il corpo che resta qui a guardare il presente, sempre più assente.
Neuroni che comunicano, scariche elettriche, la loro attività, alla base di questi ricordi, che improvvisamente si accendono, esplodono, davanti ai miei occhi, raggio di sole al mattino, luce bianca del teatro che illumina improvvisamente un palcoscenico avvolto nel buio. Quasi mi commuovo, tanto il legame con queste parti di me è forte, profondo, solco tracciato sul mio corpo, ennesima ruga associata allo scorrere della mia esistenza sulla terra. Mi guardo intorno, il buio ad avvolgermi, rumore di ricordi, fruscio di pensieri perduti, che improvvisamente riaffiorano.
Mi alzo dal divano, mi avvicino al mobile bar, prendo una bottiglia di Armagnac, la apro, ne verso un po’ in un bicchiere, bevo tutto d’un fiato, il bruciore alla gola mi strappa via dai pensieri, dai ricordi, trascinandomi nel presente, la mente a riflettere se lasciarmi andare a un secondo bicchiere di alcool o meno. Respiro, mi sento più leggero, opto per un’altra bevuta, e già che ci sono per una terza, dopodiché torno sul divano, mi distendo, prendo il telefono e metto su un po’ di musica. Poiché sono circondato dal buio, “the dark side of the moon” mi sembra la scelta più ottimale.
I Pink Floyd hanno un effetto anestetico su di me e sulle mie elaborazioni mentali. Come una droga, la loro musica penetra nelle mie sinapsi e percepisco solo la necessità di riposarmi, rilassarmi, non fare niente, ascoltare, ascoltare e nulla più, una tenera malinconia che si insinua in me, mente ovattata, rallentata.
Mi lascio andare, chiudo gli occhi, mi addormento, adesso sono al tuo fianco, all’ombra del nostro ciliegio, parliamo del più e del meno, e immaginiamo, da giovani adolescenti quali siamo, il nostro futuro – io finirò ubriaco su un divano, ad ascoltare i Pink Floyd, sognando questi momenti passati, il desiderio di poterli rivivere… – ti dico sorridendo, come se per un istante, avessi potuto vedere quel futuro che ti sto raccontando.