Follia predominante, paranoia, parole che schizzano via, s’infrangono contro la gioia e il dolore dell’esistere, un passo, un altro passo, disperso nell’universo, disperso in questo bosco, rifugio, mondo che conosco, torno in simbiosi con me stesso, le mie braccia, rami che si allungano a cercar di raggiungere l’azzurro, i miei timori, che nascosti tra radici sotterranee, scivolano giù, nella parte più profonda di me, discesa veloce tra il cielo e la terra, e poi, molteplici strade sterrate che si allungano verso destinazioni a me ignote, complessità nella complessità, quello che è stato, quello che sarà, un cerbiatto che esce improvvisamente dal sottobosco, mi vede, sente il mio odore, resta immobile, mi guarda, resto immobile, lo guardo, la sua zampa anteriore destra lievemente alzata, il mio piede destro, passo non steso, attimo lungo intere esistenze, nessun movimento lui, nessun movimento io.

L’osservo, in silenzio, enigma universale, incontri casuali, vortice di cellule, follia predominante, paranoia, atomi che schizzano via, s’infrangono contro la gioia, il dolore, l’angoscia, la disperazione dell’esistere, pazzia che mi avvolge, fuggo nel sottobosco, le zampe a graffiarsi tra i rovi, balzi, passi, poi ancora balzi, vago senza meta, soffio di vento a spingermi chissà dove, le cose non hanno più nome, percezione disconnessa, stato confusionale, quel che deve ancora avvenire, quel che è stato, mi fermo, pericolo lontano, il cuore torna lentamente a tranquillizzarsi, sguardo che esplora ovunque, tranquillità che lentamente torna a regnare dentro me, abbasso il collo, bevo un po’ d’acqua da una pozzanghera, residuo delle piogge cadute nei giorni passati, e poi, vago senza meta, soffio di vento a spingermi chissà dove.

Follia predominante, confusione mentale, paranoia, parole, atomi che schizzano via, che s’infrangono contro i muri del tempo, mattone dopo mattone, angoscia dopo angoscia, li abbattono, il dolore dell’esistere che si riduce, si frantuma, colpo dopo colpo, e poi, chiudo le palpebre, le apro, sono di nuovo in me, cose che ritrovano il nome a loro assegnato, sbarre di una prigione mentale immensa che tornano a circondarmi, invisibili agli occhi, determinano fin dove posso arrivare, il punto oltre il quale non posso andare, mentre nello stesso istante, poco distante da me, un cerbiatto vaga senza meta, un soffio di vento a spingerlo, a spingermi, chissà dove.

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