A volte va così, pezzi di te, di me, caduti per terra, frantumi, vetri sparsi sul pavimento, al di là dei riflessi, ciò che non ci siamo mai confessati l’un l’altro, universi infiniti, impossibile riassumerli in una frase, in un libro, in un’intera biblioteca, sterilità di certe parole, contenitori inadatti – avessimo almeno saputo suonar bene, forse una melodia avrebbe potuto raccontarci meglio… – penso, mentre un raggio di sole che entra dalla finestra, tocca una scheggia di vetro, arcobaleno proiettato sulle mattonelle bianche, ricordi di certi vinili che ascoltavamo insieme, in certe giornate piene di pioggia, cieli grigi, porte chiuse, ciò che conservo in me, non lo hai visto, non lo vedrai mai, ciò che conservi in te, non l’ho visto, non lo vedrò mai, posacenere ricolmo di mozziconi di sigaretta, qualche bottiglia di vino vuota, resti di formaggi, salumi, del pane, gocce di pioggia a scivolar giù sui vetri della finestra, lente, si fermano, riprendono la discesa, velocemente arrivano a terra, esitazione, un passo, un secondo passo, pausa, un altro passo, pausa, il tuo corpo che rotea su sé stesso, le mie mani che stringono le tue, danze solitarie, immagine mentale che si forma in me, ci vedo, stringerci l’un l’altro in mezzo al salone, occhi che s’incrociano, labbra che si sfiorano, i nostri corpi seduti, distanti, un divano troppo grande, baratro impossibile da attraversare, di certe solitudini, meglio non dire mai, sguardi persi nel vuoto, sole, pioggia, passato e presente che si fondono insieme – che importanza ha il tempo nel momento in cui tutto, può coesistere nello stesso istante? – penso, seduto sul divano, solo, un raggio di sole che, attraversando una scheggia di vetro rotto, bicchiere caduto per caso, andato completamente in frantumi, disegna un arcobaleno sulla mattonella, ricordi di certi temporali, scrosci d’acqua violenti che cadevano su di noi, del riconforto legato al bel tempo, che puntualmente, qualche ora dopo, tornava, illusorie credenze, rifugi effimeri, di certe speranze, meglio non dire mai, sguardo perso nel vuoto, pioggia, sole, passato e presente che si fondono insieme, a volte va così, parole, contenitori sterili, il posacenere vuoto, di certe solitudini, meglio non dire mai, una lacrima che scivola giù lungo la mia guancia, lenta, si ferma, riprende la discesa, velocemente arriva a terra, di certe tristezze, meglio non dire mai, chiudo gli occhi, respiro profondamente, il raggio di sole scompare, il ricordo sfuma nel silenzio interposto tra una pulsazione e l’altra, raccolgo un pezzo di vetro da terra, accarezzo la pelle dell’avambraccio con la punta del frammento, una goccia di sangue scivola giù, lungo il polso, lenta, si ferma, riprende la discesa lungo la mano, raggiunge la punta dell’indice, cade giù, velocemente arriva a terra, di certe ferite, meglio non dire mai.