E mi ritrovo ancora così, cicaleggio continuo a riempire l’aria, frinire monotono e assordante che, dai pini, si allunga in ogni dove, e poi, caldo, cielo azzurro, il mare, che tenuto a distanza di sicurezza, mi raggiunge, mi avvolge, il suo profumo ovunque, miraggi di giorni lontani passati in spiaggia, luogo che, da tempo, ho cura di evitare, invadono la mia mente, perversioni giovanili, masochismi esistenziali.
Ecco, oggi così, distrutto, mi sciolgo al sole, un’intuizione che nasce, una follia che mi accarezza, le lancette nel quadrante dell’orologio che si spostano lentamente, troppo lentamente, mentre tento di fuggire altrove, un’idea che nasce ed evapora al caldo, di lei mi resta solo una traccia, una pista da fiutare, forse da seguire, per recarmi chissà dove, per giungere in un altrove che ancora, riesco solo a intuire, tanto è effimero. Nemmeno l’immaginazione riesce ad aiutarmi.
Soffio di vento, profumi estivi, le piante di bambù dei vicini, verde acceso, che ondeggiano spinte dal vento, fruscio che si mescola al canto delle cicale, cielo azzurro a far da contrasto, tutto è dannatamente bello – in un giorno di caldo infermale, una bellezza dannata è quello che ci vuole… – penso, mentre demoni malvagi, in queste prime ore pomeridiane, danzano, ritmi antichi, movimenti a me incomprensibili, la vicina che grida qualcosa – massaia o strega? – mi chiedo, conosco già la risposta, purtroppo.
Chiudo gli occhi, infilo gli auricolari nelle orecchie, “The great gig in the sky”, è quello che ci vuole, un sorriso diabolico si disegna sul mio volto, mentre immagino la vicina che come un’invasata danza intorno al salice piangente, mezza nuda, il peso degli anni a determinarne i movimenti, le grida finali del pezzo dei Pink Floyd, la sua voce, la sua disperazione, la sua gioia, il suo desiderio, invocazioni maledette, inferi che si aprono, e al di là della porta, lasciate ogni speranza, voi che entrate, una spiaggia assolata, ombrelloni dai colori psichedelici, gente accalcata, grida, bambini che piangono, mamme che urlano, padri che fanno finta di non sentire e, in alto nel cielo, il sole, questo stesso sole che adesso, batte sopra la mia testa, cicaleggio continuo a riempire l’aria, rumore di sottofondo che dai pini si allunga in ogni dove, caldo, cielo azzurro, un ragazzo, pantaloncini rossi e maglietta bianca, con un secchio in mano, si avvicina, passi incerti nella sabbia bollente, la vicina cammina verso di me, dondolando, un sacchetto della spesa in mano, il ragazzo che sorride, la vicina che sorride – lo vuole un po’ di cocco? Mio marito ne ha comprati alcuni…ma a me non piacciono… – dice porgendomene uno.
Spaventato mi sveglio, nessuno intorno a me, per fortuna – ognuno ha l’inferno che si merita, ognuno ha gli incubi che si merita… – penso, osservando il salice piangente a pochi metri da me, dietro di lui, un’ombra strana, scompare in un istante.