Braccato dal ricordo di te, perdo il controllo, se mai si possa parlare di controllo vero e proprio, sulla mia mente, fantasie, incubi, malizie e poi, perversioni, che evaporano in questo pomeriggio di agosto, in questa estate così calda da far sciogliere ogni mia minima idea, ogni mio più piccolo pensiero – Quaranta gradi all’ombra renderebbero matto chiunque… – penso, mentre con la penna scrivo su un foglio di carta, sudore, l’inchiostro che utilizzo, alcune mie memorie, alcuni quadri, riproduzioni di momenti passati con te, che se giorni così posson essere considerati inferni in terra, definizioni non esiston per descrivere i giorni che ci hanno visti insieme.
Sorrido, trovo ironico che il tuo ricordo riaffiori alla mia mente nei periodi più terribili, come questo, quelli che mi affaticano di più, in cui nascono in me i pensieri più tremendi, più orribili, se vogliamo, camicia di lino che lentamente si bagna, io che, nonostante abbia trovato rifugio all’ombra di una grande quercia secolare, come quella sotto la quale ci stendevamo noi a leggere poesie e far l’amore, non trovo sollievo al caldo che ha invaso questo fazzoletto di terra.
Non odo un fruscio, non odo il benché minimo rumore, naturale e non, tutto sembra essersi fermato, eccetto il suono sordo di alcune campane lontane, che improvvisamente squarciano il silenzio, monaci Certosini in raccoglimento, preghiera, la nona che incombe, i loro mantelli neri sulle spalle, similitudine interessante, che va a braccetto proprio con il pensiero di te, sagome nere che mi raggiungono, si inginocchiano intorno a me, le teste basse a guardar per terra, solennità e sofferenza, dolore, passione, forse un po’ di gioia, forse.
Chiudo gli occhi, mi lascio andare alla tentazione di qualche immagine, un abbraccio, un bacio, qualche mia poesia scritta e lasciata sul tuo cuscino, oramai, dopo tanti anni dimenticata, sfumata chissà dove, forse dispersa in qualche cassetto del tuo vissuto, della tua memoria.
Momenti così, oltre il sole, il caldo, il tentativo di scovare un po’ di refrigerio in questo bosco antico, un convento di monaci poco distante dall’albero da me scelto, la tua presenza, sogno, realtà, visione improvvisa, alla quale cedo, complice la sofferenza dovuta al caldo, alla quale mi lascio andare, fantasie, incubi, malizie, perversioni, memorie, belle e terribili, allo stesso tempo, che se giorni così posson essere considerati inferni in terra, definizioni non esiston per descrivere i giorni che ci hanno visti insieme.