Nell’immobilità di certi giorni, non trovo conforto, inquietudini mi afferrano il cuore, lo stringono, ne interrompono il battito per qualche secondo, poi, lo lasciano, per strizzarlo nuovamente, ancora e ancora, tormento, angoscia, respiro che manca, il corpo che quasi non ce la fa, oltre la porta di casa, nessuna possibilità di tranquillità, intorno a me, nessuna via di fuga. 

Cerco rifugio in un pensiero, in un ricordo, senza successo, l’oggi è troppo invadente, presente dilatato che si espande sempre di più, a mostrarmi gli orrori che circondano il mio mondo personale, serpente lungo chilometri, i denti aguzzi, la lingua biforcuta, sibilare ossessivo che penetra nelle mie orecchie, invade il mio cervello, pulsare doloroso, oltre certe terribili visioni, solo sofferenza. 

Chiudo e apro le palpebre centinaia di volte, flash luminosi, mi impediscono di vedere con chiarezza il mondo intorno a me, alzo le braccia, osservo le mie mani, ho sei dita in quella destra, sette in quella sinistra, si muovono tutte in maniera scoordinata, desincronizzate, disegnano nell’aria assurde figure, si allungano a raggiungere il soffitto, lo sfiorano, grattare fastidioso di unghie sull’intonaco, cerco di smettere, di fermare le dita, senza successo, rumore ossessivo che si fa sempre più forte, si mescola al sibilo del serpente, sbatto la testa contro il cuscino, angoscia, tormento, dolore, nessuna speranza, nessuna possibilità di tranquillità, nessuna via di fuga, solo sofferenza, solo morte.

Osservo la stanza intorno a me, sento l’universo che preme contro il mio corpo, ho l’impressione che voglia stritolarmi, frantumarmi in milioni di minuscoli pezzi, molecole, atomi, persi all’interno di una bolla di sapone che attraversa improvvisamente il mio campo visivo, si muove leggera nell’aria, oltre la sua conformazione tridimensionale perfetta, oltre i suoi riflessi gialli, azzurri, verdi, rossi, indaco, caleidoscopiche verità, sfera che lentamente si sposta, scende su di me, e a pochi centimetri dal mio naso, esplode, vibrazioni che attraversano il mio corpo, si diffondono nel materasso, raggiungono il pavimento, tremare inquietante, boato assordante, crollo, edificio che improvvisamente si sgretola, miliardi di frammenti che mi sommergono, macerie, macerie, macerie, e poi, sotto un cumulo di pietre, mattoni, cemento, ferro, e chissà cos’altro, il mio corpo fracassato, io che mi trovo altrove, il mio fragile universo, una bolla di sapone.

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