Domeniche così, da – Alzati e cammina… – sussurro tra me e me, aprendo le palpebre, luce che mi acceca, colori che mi aggrediscono e violentano i miei occhi, stuprano il mio cervello, fotoni, esplosione d’informazioni, una tela di Pollock che mi avvolge, schizzi, linee che scivolano intorno al mio corpo, legano ogni parte di me, mi imprigionano, stingono, stringono, stringono, sofferenza psichedelica, caleidoscopici supplizi, io che chiudo le palpebre, a cercar di proteggermi dalla tortura percettiva che l’universo mi sta infliggendo.
Domeniche così, cranio che mi esplode, tempie che pulsano, io che con gli indici le sfioro, le massaggio, un misterioso batterista che, nascosto chissà dove, suona la grancassa, piede, silenzio, piede, silenzio, musiche assurde che rimbombano nella mia testa, apro nuovamente le palpebre, stavolta lentamente, luce che filtra a poco a poco, di scatto mi siedo sul letto, gomiti appoggiati sulle ginocchia, osservo per terra – Mai visto piedi così brutti… – penso, prima che un rumore attiri la mia attenzione, il gatto dei vicini davanti alla porta, zampe, artigli che graffiano il vetro, artigli che grattano il legno, pelo, polpastrelli ruvidi, pensieri che scivolano altrove, così i miei piedi, che si, mi trascinano, in cucina.
Domeniche che si evolvono così, tranquillità e ossessione che si abbracciano, si stringono, si imprigionano l’una tra le braccia dell’altra, si baciano, io che le osservo, in mutande, il culo appoggiato alla cucina, una tazza di caffè stretta nella mano destra, io che non riesco a distogliere lo sguardo dai loro movimenti, avvolgersi infinito, spire color carne che mi ipnotizzano, il gatto dei vicini che seduto per terra, vicino ai miei piedi, osserva nella stessa direzione – Puoi vedere anche tu quello che sto vedendo io? – mi chiedo, gli chiedo, lui che non distoglie lo sguardo, immobile, statua pelosa.
Domeniche che si evolvono così, mattini strani che si allungano verso l’infinito, qualcosa succede tra le pieghe del presente, coscienza che s’innalza, lentamente, si solleva, a qualche centimetro da terra, ossessione e tranquillità a sorreggerla, qualcosa succede tra le pieghe del presente, il gatto, che prende il mio posto, che lentamente si trasforma in me, io, che prendo il suo posto, che lentamente mi trasformo in lui, la mia percezione della realtà che si modifica – Alzati e cammina… – penso, provando a tirarmi su, senza successo, e poi, miagolo.