Disteso sul letto, forse un po’ ubriaco, indubbiamente stanco. Penso a te, a me, al mondo intorno a noi, al tempo, allo spazio, e non so nemmeno io veramente, dove sia diretta la mia coscienza, quale destinazione raggiungerà il mio meditare. Nel buio della stanza, abbandonata oramai dalla luce del sole, coccolata dal fioco bagliore della luna, di qualche stella, rimugino sul mio presente, sul mio passato.

Ti immagino danzare sorridente, felice, piena di vita, mia fantastica creazione, e per un gioco di specchi riflessi, di scherzi mentali, riesco a farti materializzare qui, di fronte a me. Chissà, se ti ho mai pensata così bella, prima che nascessi, non credo, di conseguenza devo concludere che la realtà supera sempre le aspettative che abbiamo e tu ne sei indubbiamente una prova.

Dirti che ti amo? Banale, almeno quanto la parola stessa, pilastro ingombrante, sterile, posto a delineare questo sentimento. Come faccio ad amarti soltanto? Ho partecipato alla tua creazione, ti ho vista nel momento esatto in cui sei uscita fuori da tua madre, ti ho presa in braccio per primo subito dopo e poi, boh, piano piano sei cresciuta e diventi ogni giorno più bella, una meraviglia. Parli, racconti, giochi, ti incupisci, sei felice poi triste, poi di nuovo felice ed io, ti osservo come uno stupido, ogni momento. Il mio vocabolario lentamente, col passare degli anni, si sta incredibilmente riducendo e tra le milioni di parole che possiedo all’interno della mia mente, quando sono in tua presenza, riesco a far uscire dalla mia bocca solo quelle nove che ti dico in continuazione: Lo sai che ti voglio un sacco di bene?

E poi, poi ti abbraccio e ti bacio, e tu mi spingi via e mi dici che io passo il mio tempo a volerti baciare, ed io, per qualche minuto mi fermo, poi ricomincio. Questo è il nostro vivere in un circolo di baci, abbracci e ancora baci e abbracci, fin quando, come oggi, ci salutiamo e la casa si riposa nel silenzio, come se la vita fosse improvvisamente scomparsa da essa, dalla faccia della terra. Nella tranquillità di questo silenzio, bevo qualche bicchiere di vino in più, ascolto musica, scrivo, rifletto, vivo e mi intristisco.

È in questa tristezza che prima di dormire, trovo un ultimo pensiero: È impossibile che un dio esista, perché dovrebbe avere un cuore troppo, davvero troppo grande, oppure un ego incredibilmente immenso, per riuscire a distaccarsi da qualcosa creato da lui stesso senza soffrirne pesantemente, per riuscire a non essere schiacciato dal dolore della mancanza, un po’ come soffro io quando ti allontani, anche per pochi giorni. Se io mi sento così triste, quando il tuo sorriso scompare dalla mia vita, mia piccola creatura, ma quanto cazzo dovrebbe soffrire lui a lasciar andare ogni sua singola creazione?