Questa notte ho sognato di essere impiccato, il che è piuttosto interessante, visto che mi trovo in Francia e sarebbe stato più logico essere ghigliottinati. C’era anche un boia, in piedi dietro di me, al quale era affidato il compito di aprire la botola sotto ai miei piedi. Il metodo d’impiccagione era probabilmente quello a caduta breve che causa la morte per strangolamento. Ho sentito la botola aprirsi, il vuoto sotto i piedi, la corda che tirava, l’aria mancarmi. L’occlusione del collo, mi impediva di respirare, ma allo stesso tempo, mentre perdevo lentamente conoscenza non riuscivo a smettere di sorridere, questo perché il boia, somigliava incredibilmente al Massone con l’accento Napoletano, interpretato da Corrado Guzzanti nel popolare sketch degli anni novanta. Mi sono svegliato con il cuore che mi batteva all’impazzata, ma con una strana voglia di ridere. Adesso con la mente più tranquilla, la doccia appena fatta e un paio di tazze di caffè in corpo, rifletto su quell’impiccagione e su quel nodo alla gola. In realtà, credo che sia una reazione inconscia al silenzio che mi sono autoimposto, evitando di commentare la vergognosa reazione di molti Italiani alla liberazione di Silvia Romano.
Quello che però, col senno di poi mi è tornato alla mente, ripensando al sogno, è stato quel meraviglioso film di Alfred Hitchcock, Rope (Nodo alla gola in italiano, per appunto). Nella celebre pellicola del 1948, la prima girata a colori dal regista, una coppia di amici conviventi decidono di uccidere un loro compagno di università per commettere il delitto perfetto e dimostrare così, attraverso di esso, la loro superiorità intellettuale. I due organizzano così un ricevimento al quale sono invitati: l’amico (vittima), la fidanzata, il padre, la zia, un altro amico e il loro professore universitario (interpretato dal grande James Stewart). Quest’ultimo è l’uomo che ha indirettamente ispirato loro, l’idea di commettere l’omicidio, attraverso le sue lezioni e conversazioni durante le quali, apparentemente, sembrava approvare e elogiare il concetto di superuomo elaborato da Nietzsche e la manifestazione, anche attraverso l’omicidio perfetto (considerato alla stregua di un’opera d’arte come proposto da Thomas de Quincey) della superiorità di un uomo su un altro. In particolare, il professore è considerato dalla coppia l’ospite d’onore, i due sono infatti convinti, che l’uomo approverà il loro lavoro fatto a regola d’arte. Invitano così il loro amico in anticipo rispetto agli altri ospiti, lo strangolano e lo mettono all’interno di una cassapanca sopra la quale successivamente, apparecchiano per la cena. Durante tutto il party gli ospiti si chiedono, ovviamente, dove sia il ragazzo e mentre uno dei due assassini si ubriaca per il senso di colpa, l’altro, più spavaldo, fa battute e lancia piccoli indizi riguardo al destino dell’assente. Non svelo il finale per non rovinarvi la visione, nel caso qualcuno voglia approfondire l’argomento guardando questo incredibile lungometraggio, tra l’altro realizzato in un solo mese e con soli dieci piani sequenza. Mi soffermo invece sull’intrecciarsi di tutti questi argomenti menzionati sopra.
L’impiccagione, il soffocamento, il film di Hitchcock, le teorie del superuomo di Nietzsche e questo perenne e frustrante aggredire e manifestare la propria superiorità, che si percepisce su internet, in particolare sui social. Ho letto delle cose orribili, dei post assurdamente violenti riguardo Silvia, la sua famiglia e la vicenda di cui tristemente hanno fatto parte. Sebbene ritenga che manifestare la propria opinione liberamente, possa essere, nel caso si abbiano le competenze, cosa buona e giusta, quest’assurda violenza verbale, che si verifica troppo spesso su internet, la ritengo invece inaccettabile. Se non altro perché appare ai miei occhi completamente priva di senso. Vale la pena dispensare post verbalmente violenti in questo modo? Quale è lo scopo? Che cosa si vuol dimostrare? Certamente non la propria intelligenza, indubbiamente non la propria libertà di pensiero, sicuramente non la propria superiorità rispetto ad altri individui.
Resto basito e penso che tutti dovremmo avere, come era uso un tempo, una bella cassapanca in casa, nella quale nascondersi, stringendosi con le proprie mani una corda intorno al collo, per impedirci di parlare, di respirare se necessario, a scanso di evitare manifestazioni così penose del proprio pensiero. Uccidersi, metaforicamente parlando, per eliminare quelle impurità che troppo spesso manifestiamo.