Mezzogiorno. Pasta alla carbonara, arista al forno con patate e un bicchiere di vino rosso, che con il passare dei minuti, forchettata dopo forchettata si fa bottiglia. La tovaglia a quadrettoni rossi e bianchi, regalo di mia nonna risalente a tanti anni fa, si allunga davanti a me. Il tablet di lato, sintonizzato sulla CNN a ricevere le ultime notizie sui disastri della terra. Fuori piove, ma potrebbe benissimo esserci il sole, visto che oggi non mi sono nemmeno disturbato ad aprire le persiane. Ho spalancato invece la porta a vetri alle mie spalle, per ascoltare il rumore della pioggia mentre mangio, così adesso, sento un leggero spiffero freddo accarezzarmi il collo. Le temperature devono essere incredibilmente abbassate.
Gli eventi degli ultimi mesi, hanno sgretolato molte delle mie certezze. Ci penso mentre addento la carne e la mastico, come ad uccidere una seconda volta l’animale appena cucinato. Gli istinti di base sono stati preservati, ma questo già lo sapevo, già me ne ero accorto, non solo osservando il mio modo di comportarmi, ma analizzando tutto il nervosismo, la rabbia, il terrore e la violenza che ci sono in giro e che in minima parte, sono anche la proiezione del mio lato oscuro. Come qualcuno usa dire, spesso negli altri evidenziamo tratti di noi che non riusciamo ad accettare, che cerchiamo di reprimere. Ho invece perso la vecchia percezione del tempo, dello spazio, della temperatura. Ho l’impressione di vivere e di non vivere, di essere qui e allo stesso tempo ovunque, ho l’impressione di non occupare spazio e di occuparlo tutto quanto, ho l’impressione di trovarmi in ogni momento della mia vita e in nessuno di essi. Fantasma dell’esistenza, non percepisco più il freddo e il caldo.
Mi alzo di scatto lasciando cadere la forchetta sul piatto, mi avvicino alla porta a vetri, spalanco la persiana e guardo il giardino intorno a me, la siepe, i tetti delle case, e lontane, le montagne avvolte da una fitta nebbiolina. La pioggia cade forte, il cuore batte allo stesso ritmo, sento i brividi percorrermi tutto il corpo. Mi emoziono guardando quella scena che si apre infinita davanti a me e per la prima volta, in questa vita, mi sento ospite di questo pianeta e provo orrore per come, a volte, l’ho trattato. Mi scende una lacrima, quello che succede dopo lo trattengo nelle mie dita. Passato qualche minuto torno a sedermi, spengo il tablet, mi verso un altro bicchiere di vino. Guardo la carne. Mi è passata la fame.