Viaggi, tortelli e confini aperti

Finalmente è arrivata la notizia…dal tre di giugno le frontiere saranno di nuovo aperte! Mi mancano i viaggi, non mi muovo da mesi e io, sono una di quelle persone che proprio non riescono a stare ferme. Ho bisogno di percepire lo spostamento, sono un uomo del novecento, noi dobbiamo essere sempre in movimento, altrimenti ci sentiamo come quei trattori fermi in mezzo alla campagna o vicini ai granai, arrugginiti, circondati dall’erba alta, con qualche gallina che ha fatto il nido nel nostro vano motore e un gatto che dorme sul seggiolino in plastica riscaldato dal sole.

Mi mancano i viaggi, con qualsiasi mezzo, anche se da uomo del novecento, prediligo ovviamente l’automobile, che mi conferisce la libertà di fare come voglio, di partire quando ne sento l’esigenza e di viaggiare alla velocità che più mi piace, sempre rispettando ovviamente, le regole della strada. Da solo o in compagnia, ho guidato attraverso l’intera Europa e oltre, percorrendo migliaia di chilometri. Tra tutti i viaggi fatti, ne ricordo in particolare due, uno che da Marsiglia mi portò fino a San Pietroburgo, l’altro che mi condusse a Budapest. È del secondo che oggi parlerò, perché ho appena finito di preparare i tortelli fatti in casa con il ripieno di carne e me lo hanno fatto giustappunto tornare alla memoria.

Mi trovavo a Budapest, ero arrivato da due giorni e alloggiavo in un albergo davanti al Danubio. Seduto al tavolino sistemato sulla terrazza della mia camera, ascoltavo musica e facevo colazione, osservando il palazzo del parlamento che si rifletteva sulle acque del fiume. Il telefono squillò interrompendo una sinfonia di violini zigani. Dall’altra parte c’era mia zia: Dove ti trovi? Chiese dopo i saluti preliminari Sono in giro, risposi vago, mi piace mantenere una certa privacy nella mia vita, Te lo chiedo perché, stasera qui facciamo i tortelli fatti in casa e volevo sapere se ti andava di venire a cena. Guardai il Danubio, il parlamento, il cielo azzurro: Zia arriverò verso le nove dissi e riattaccai. Finii di fare colazione, preparai le mie cose e quindici minuti dopo misi in moto l’auto, pronto a partire con destinazione Donoratico. La vita è fatta di priorità.

Ricordo che guidai ininterrottamente, fermandomi una sola volta per mangiare un boccone a pranzo. Una volta ripartito dall’Autogrill, il cd che stavo ascoltando si bloccò nell’autoradio. Era la discografia completa di Sergio Caputo, che per le successive cinque ore di strada girò ininterrottamente senza mai fermarsi. Inutile dire che dopo quel viaggio, non ho mai più ascoltato quel genio di Sergio, cinque ore della sua musica senza sosta, sono state definitivamente troppo, anche per me. Arrivai a Donoratico intorno alle nove, quasi morto, ma riuscii a radunare ugualmente le ultime forze per mangiare due piatti di deliziosi tortelli e bere un ottimo vino rosso toscano.

Noi uomini del novecento siamo così, poche sono le cose che vengono prima di un piatto di tortelli fatti in casa, innaffiati ovviamente, con litri di buon vino rosso. Possiamo essere ovunque, dietro l’angolo o a mille chilometri di distanza, troveremo sempre il modo per sederci al desco al quale siamo invitati e onoreremo la cuoca e bacco fino al momento in cui stanchi ci ritireremo nelle nostre stanze.

Oggi ho preparato i tortelli fatti in casa, Livia non li ha mai assaggiati e ho deciso di provvedere immediatamente a questa mancanza. Li ho fatti seguendo la ricetta originale di famiglia e ho preparato il ripieno di carne ieri sera, prima di andare a dormire. A questo punto dobbiamo solo cuocere la pasta e mangiare, ma non prima, di aver aperto una buona bottiglia di vino, perché le buone abitudini, noi uomini del novecento, non le perdiamo, mai.