Ci ritrovammo così, nel silenzio di un tempo mai venuto, al di fuori dei nostri rispettivi presenti. Il sole, un prato, qualche albero, tu che sorridevi, io che osservavo attento, che non me ne sfuggisse nemmeno una di quelle precise mimiche, di quei movimenti così brillanti, perfetti. Caldo, una leggera brezza estiva, vestiti del minimo indispensabile, distesi su una coperta che delineava il nostro spazio vitale, il perimetro all’interno del quale, le nostre esistenze potevano momentaneamente estendersi a un presente infinito, prolungamento eterno delle nostre vite.
E lo pensai, che fosse bello che dove finissero le mie dita, dovesse in quel momento cominciare il tuo corpo, e forse, forse lo pensasti anche tu, poiché poggiasti la tua mano sulla mia premendola forte contro il tuo ventre, come a dire: non c’è fine tra me e te. Una nuvola bianca, di dimensioni incredibili, attraversò il cielo proprio in quell’istante, coprì il sole per qualche minuto, il venticello fresco vinse contro la calura. Brividi percorsero i nostri corpi, ci abbracciamo, come a riscaldarci, nell’attesa che il sole tornasse a fare il proprio dovere.
Nessuno di noi parlò mai, né in quel momento né durante le lunghe ore che seguirono e che ci videro sfogliare, una dopo l’altra, le pagine del libro della vita e della morte, così come si esplorano da giovani, un po’ per passione, un po’ per gioco, un po’ per curiosità, indubbiamente per amore, i misteri dell’universo più prossimo a noi, quello che ci guarda più da vicino.
Tu, io e la certezza di una sintonia perfetta con quel mondo, con quel minuscolo spazio-tempo all’interno del quale ci trovavamo, insieme, un tutt’uno di sensazioni inspiegabili, scambi di molecole infinitesimali tra il mio corpo e il tuo, unità, complicità, abbattimento di barriere materiali, distruzione e ricostruzione di un qualcosa di nuovo che si estendeva oltre me e te, oltre quell’universo spazio-temporale.
Non so dire quanto durò quel momento, forse un attimo, forse non è mai finito e da qualche parte sta continuando, forse non è mai avvenuto, meraviglia della vita sulla terra, dove il confine tra il reale e l’irreale è talmente labile che non si può mai esser completamente certi di qualcosa.
Così, questa mattina aprendo gli occhi ti ho pensata, ti ho cercata, ed ho scoperto che tu non esisti se non in questa mia memoria lontana, spaccato di desiderio, forse speranza, nel mio vissuto. Così questa mattina cercandoti ho scoperto che tu non sei più reale di ciò che percepisco attraverso i sensi, ed ho sorriso bevendo il caffè, alzando la tazzina al cielo, brindando all’amore che fu.