Di sogni, film Giapponesi, archetipi…

C’è un sogno, che ho fatto tanti anni fa, del quale ho un ricordo vago, sfumato, ma che nel tempo ha generato in me stati d’animo cupi e angoscianti. All’epoca  purtroppo, non avevo ancora cominciato a prendere nota della mia attività onirica, di conseguenza di quello che vidi quella notte, resta purtroppo poco o niente, fotogrammi senza senso, almeno fino a ieri sera.

Prima di tutto, è bene dire, che una delle immagini che più ricordo di quel sogno, è il volto sbiancato di un demone, i suoi occhi iniettati di sangue, i denti appuntiti. Un volto molto simile a quello che Regan, nel film The Exorcist (1973) chiama Capitan Howdy, e che altri non è che il terribile demone Pazuzu. All’interno della celebre pellicola di William Friedkin, con soggetto e sceneggiatura di William Peter Blatty, che chissà quali mostri doveva aver nascosti nel suo immaginario, per passare dalla scrittura di A Shot in the dark (Uno sparo nel buio, 1964), secondo capitolo e forze uno dei film più demenziali della saga della Pantera Rosa con Peter Sellers, all’inquietante The Exorcist, il volto di Capitan Howdy appare due o tre volte e per un tempo brevissimo, a seconda della versione del film che si guarda. La somiglianza tra il volto da me sognato e quello del film, tuttavia, mi è sempre sembrata vaga, sono sicuro che non fosse la stessa immagine. 

Ieri sera è accaduto che durante uno dei miei attacchi d’insonnia, dietro consiglio di un amico appassionato di film e cultura Giapponese, mi sia messo a guardare Onibaba (Le assassine, 1964), un film horror del regista Kaneto Shindō, basato su un antica fiaba Buddista. Nella pellicola due donne, suocera e nuora, il figlio della prima è partito in guerra lasciandole entrambe sole, vivono in una capanna ed essendo cadute in povertà, assaltano e uccidono i soldati rimasti soli e feriti, per derubarli. Per tutta una serie di vicende, che non racconto, nel caso voleste vedere il film, la suocera uccide un soldato Samurai e si impossessa della sua maschera di guerra. Dopo averla indossata però, non riesce più a toglierla e questo da vita ai successivi sviluppi del film, che ovviamente ometto. La cosa davvero incredibile e se vogliamo inquietante, è che il volto intagliato sulla maschera è identico a quello che ho sognato quella notte di tanti anni fa. 

Il cerchio si è chiuso questa mattina, quando dopo una breve ricerca ho scoperto che William Friednik nell’anno settantatré del vecchio secolo, si è ispirato proprio a quella maschera per creare il volto del Capitan Howdy. Ovviamente sono rimasto perplesso di fronte al mistero: avevo già visto il film di Shindō, poi dimenticato, e conservato memoria di quella maschera? Le teorie di Jung sull’inconscio collettivo e gli archetipi sono più vere di quel che si pensa? La mia memoria mi gioca strani scherzi? Domande che restano aperte.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *