C’è da star certi che ti penserò, come ti pensai ieri, il giorno prima e quello prima ancora, come certamente succederà domani e il giorno successivo, il dopo a volte può assumere valenza quasi infinita. Son cose dette e ridette, frasi trite e ritrite e pure tritate, con sedano, carote e cipolla, mentre preparo il soffritto per il ragù, seguendo ancora la tua ricetta, utilizzando quei mestoli di legno, che rubai dalla tua cucina, mentre eri in bagno. Mi piacevano troppo. Antichi, rovinati dal tempo, esibivano quei fiori intagliati sui manici, come modelle che sfilano in passerella, impossibile resistere alla tentazione di averli.

Piove oggi, così malinconia e languore, simili alla staticità che precede lo scivolare veloce delle gocce di pioggia che finiscono sul vetro, la fanno da padrone, montagne russe dell’emotività, luna-park del sentimento, quando, dopo aver provato tutte le giostre ti guardi intorno e ti chiedi: Dove sta il tiro a segno?

C’è silenzio, se si escludono i rumori esterni e il borbottio della pentola sul fuoco, c’è silenzio dentro me, che rifletto, vago, cerco, mi perdo, vivo, soffro e per non morire, trovo conforto negli odori della cucina, nel pensiero di me, nel pensiero di te. Amore? No, piuttosto esistenza, ricerca, perdita e ancora ricerca, scoperta, in un circolo vizioso, un’eterna ghirlanda fiorita, infinita, almeno quanto la vita e forse la morte e la vita dopo la morte e via dicendo. Amore? Che parola, che domanda banale, che se tutto non fosse amore non sopravvivremmo due ore, che se quell’amore non venisse continuamente compromesso dal suo esatto contrario, probabilmente non avrebbe davvero senso la nostra esistenza. 

Discorsi così, per non lasciar trionfare il materialismo che caratterizza la nostra epoca, per trovar conforto a quella che parrebbe un’esistenza inutile, almeno fino a prova contraria, almeno fino a morte avvenuta. Discorsi così, che lasciano un po’ il tempo che trovano, culla amabile di una vita altrimenti piatta e noiosa: dormire, lavorare, mangiare, far sesso e successivo ricominciare, affogati in centinaia di routine insipide, come questo ragù che sto assaggiando e al quale manca decisamente un po’ di sale. Aggiungo q.b. 

Questa mattina il postino mi ha consegnato tre lettere, pensavo che una recasse notizie di te, poi ho realizzato di non averti mai dato il mio nuovo indirizzo e mi sono tranquillizzato, che le tue incursioni nella mia esistenza, sono sempre troppo traumatiche. Meglio il silenzio, il non sapere, la malinconia, il languore, il ragù, che farò cuocere per almeno quattro ore, come facevi tu.

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