Notti così, piene di pensieri che si stendono nel buio, tappeto invisibile di immagini silenziose, a tratti angoscianti. Due conoscenti venuti a mancare nell’arco di un giorno, c’è da riflettere sulla vita, sulla morte, sul tempo, sullo spazio. Addormentarsi è impossibile, le lancette che girano sul quadrante fluorescente del mio orologio, quasi mi ipnotizzano, mi fanno cadere in un vortice di tristezza infinita, mi spingono giù in un inferno simile a quello dantesco, dove passato e futuro non esistono più, solo un presente meccanico, ossessivamente ripetitivo, martellante, distruttivo, inutile.

Una civetta si posa sul ramo del fico spoglio al centro del giardino, ho visto la sua ombra muoversi nella notte e adesso riconosco la sua sagoma inquietante, immobile. Forse mi osserva. Mi alzo dal letto e avvicinandomi alle finestre chiudo le tende, la stanza piomba nell’oscurità, la luce della luna resta fuori, al di là dei vetri, oltre le grandi stoffe rosse. 

Torno nel letto, torno a riflettere, viaggio con la mente oltre la vita, fino alla morte, mi perdo in ricordi, persone che non ci sono più mi prendono a braccetto, si incamminano con me in giardini fioriti, tra piante incredibili che mai ho visto in passato e che forse nemmeno in futuro vedrò. Parliamo, mi raccontano della loro vita, in un adesso strano, che ha quasi il sapore dell’inesistenza o di un tempo, talmente dilatato, da non essere percepibile. A tratti intervengo, chiedo spiegazioni, domando, la mia curiosità si estende oltre la loro comprensione, al di là della loro nuova visione dello spazio, del tempo, del tutto, del nulla. Non ci capiamo più. 

Provo un’improvvisa tristezza, la nostra visione dell’universo non è più la stessa, non mi comprendono, non comprendo, cerchiamo di parlare, ma nessuno di noi riesce ad arricchire il proprio bagaglio di conoscenze, tanto i nostri saperi, la nostra percezione del mondo, della vita, della morte, è improvvisamente diventata differente. 

Frustrazione, incomprensione, apro gli occhi, sono nuovamente nella mia stanza, da solo. Accendo la luce, mi scende una lacrima. Amici, colleghi, buon viaggio. Forse in qualche altrove ci ritroveremo, forse no, che possiate trovare la pace che qui non avete trovato, che possiate trovare la vita oltre la morte, il tempo, lo spazio infinito, che possiate ricordare l’amore che c’è stato, quello che avete ricevuto e dato, che possiate trovare un senso a tutto questo caos universale o in alternativa, dimenticare completamente i tempi in cui lo stavate cercando, il senso, invano. Buon viaggio. 

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