Dirti non so, se sia un bene o un male che io ti pensi così, come si pensa a un fiore che sboccia, a un profumo delicato, a una giornata di sole, temperature giuste, odore di caffè caldo, una fetta di pane appena tostato, marmellata di more, burro, tranquillité, poco importa, se seduto al tavolo in giardino, sento il bisogno di scriverti un messaggio, di dirti come, in che modo, ti immagino, e inviartelo, prima di bere un sorso di caffè, addentare il pane, prima di prendere il giornale tra le mani, niente di eclatante, poco di nuovo, parole gettate lì, riassunti di ore appena passate, un cane che abbaia, in francese, ovviamente, lo comprendo soltanto se scandisce il latrato, rimbombare sordo tra le mura dei palazzi, rispondi al mio messaggio, io replico, tu rispondi alla mia risposta, io concludo, ti chiamo, ti spiego meglio come ti penso e tu, ridi – Succede anche a me… – dici, ça va sans dire, cinguettare di uccelli a riempire i nostri silenzi, tra una frase e l’altra, la mia vicina che sbatte il tappeto alla ringhiera del terrazzo, vibrazioni metalliche, pulviscolo luminoso che si spande nell’aria, cielo azzurro a fare da sfondo – Désolé de vous déranger Claudio… – grida, il tono di voce gentile, sorriso sul suo, sul mio volto, alzo la mano a tranquillizzarla, tu ridi immaginando la scena, la polvere del tappeto che mi cade addosso, ça va sans dire, il cane che riprende ad abbaiare, il padrone arrabbiato che lo rimprovera, tu che mi racconti del tuo Labrador, delle sue colazioni a base di pantofole e scarpe, dopodiché concludi rapidamente la chiamata, impegni lavorativi urgenti, saluti, un bacio – Mi raccomando fatti sentire presto… – dici, ça va sans dire, percepisco il tuo sorriso nel mio silenzio, poi, di nuovo un bacio, chiudo gli occhi, lo vedo scivolare lungo il tuo vestito a fiori, sulle tue spalle, le tue braccia, le mani perfette, smalto rosso che si perde nell’aria, tra i tuoi capelli, ti immagino accarezzarli mentre tieni il telefono vicino all’orecchio, saluti ancora, silenzio, mi passo una mano sul viso, il cane, ennesimo latrato, altre grida del vicino, il tappeto sbattuto, metallo, uccellini, soffio di vento che mi spettina, un gatto che miagola, il telefono che squilla, numero anonimo, non rispondo, ennesimo sorso di caffè, un po’ di spremuta d’arancia, tanto per rinfrescarmi la gola, settimane che cominciano così, doverosa luminosità, tranquillité che scivola su di me, tra i miei capelli, il sole già alto nel cielo, rientro in casa diretto verso la doccia, oui, ça va sans dire.