Dirti non so, del mistero che avvolge le cose nelle prime ore pomeridiane, quelle che si allungano subito dopo mezzogiorno, temperature che salgono, il sole estivo che non perdona, strade in prevalenza vuote, poche figure umane in giro, nessun riconforto, a parte il sorseggiare acqua fresca, qualche bevanda dissetante, un bicchiere di vino bianco, stratagemmi, vie di fuga, e poi, agonizzare lento su una sedia sdraio, rincorrer le zone d’ombra, in balia della calura.
Pomeriggi estivi, allucinazioni strane, vedo e non vedo, miraggi surreali, fantasmi diurni, alla perenna ricerca di ciò che è vero, presente, tangibile, mi confondo, mi fondo, struggente pensiero, imbarazzante confronto, liquefatto, scompaio, evaporato, salgo su una nuvola, attendo con pazienza la prossima pioggia per tornar giù.
Una maestosa pianta di eucalipto si innalza da dietro la siepe di alloro – a chi sarà venuto in mente di piantare un albero come questo, qui, a Marseille? – mi chiedo, mentre osservo le foglioline che ondeggiano al sole, festoni, sbrilluccichio di differenti tonalità di verde, ora chiare, ora scure, un koala che aggrappato a uno dei rami, mangia indisturbato.
Lo osservo attentamente, macchietta grigia, foglioline verdi tutt’intorno, prendo il bicchiere di vino bianco poggiato sul tavolino, bevo, lui sembra ricambiare il mio sguardo, i suoi occhi incrociano i miei, poi, scompare, ricompare, scompare ancora, mi chiedo se esista davvero o se sia solo un parto della mia mente e, quasi di riflesso, mi chiedo se esisto oppure no, domande assurde, a tratti terribili, indubbiamente angoscianti, io, credo di non esser così certo delle risposte che mi sono dato fino ad oggi.
Pomeriggi così, che trasudano di mistero, cose che assumono un volto nuovo, fantasmi pomeridiani ad infestare le più calde ore estive, miraggi beffardi, bevo un altro bicchiere di vino bianco, un soffio di vento muove le foglie della pianta di eucalipto, il koala scompare, stavolta definitivamente.
Chiudo le palpebre, respiro, le apro nuovamente, a pochi metri da me, una persona, vestita di una lunga tonaca nera, i capelli lunghi anch’essi neri, mi osserva, in silenzio. Mi alzo, mi avvicino, vorrei chiederle cosa fa nel mio giardino, ma non ne ho il tempo, qualche passo e mi rendo conto di non poter percepire il suo volto, lineamenti che mi appaiono completamente sfocati. Preso dal panico, resto come bloccato, non una parola esce dalla mia bocca. La figura di fronte a me ride, suono isterico, malvagio, che risuona ovunque, eco infinito nelle mie orecchie, poi, batte le mani tre volte e improvvisamente scompare. Cado a terra, privo di sensi.