Mi svegliai alla sera e fu dolore. Nell’istante che seguì il sollevarsi delle mie palpebre, luce, luce, dolore, luce, dolore, la stanza bianca, tu, i tuoi occhi a osservarmi, i tuoi occhi persi nel vuoto di un pensiero troppo distante dal luogo dove ci trovavamo, e che non riconobbi, fui preso dallo sconforto. Ti avevo uccisa, in qualche modo, ma tu, eri lì, viva e vegeta, realtà che ristagna, infinito presente, possibilità nell’impossibilità, fissavi i miei occhi alla ricerca di domande, di spiegazioni inutili, ed io, io non seppi cosa dire, pensieri che sfuggivano via, nella mia coscienza niente, se non tu, il muro bianco, di nuovo tu, di nuovo il muro bianco, stress del momento, cuore che batte all’impazzata, caddi di nuovo nell’incoscienza.
Diciassette stratagemmi per liberarmi di te, li inventai durante quel sonno lungo giorni o forse ore, li inventai dormendo, sostanze che attraversavano il mio corpo, viaggi nell’inconscio, collettivo e non, là dove tutti i pensieri fluttuano, infinito universo d’intuizioni, idee, esperienze, vissuti, minuti eterni d’esistenze finite, o viceversa, minuti finiti d’esistenze eterne. Diciassette stratagemmi per abbandonarti, zavorra esistenziale, impossibilità di stendere il prossimo passo, di formulare un pensiero nuovo, di premere la maniglia della porta aperta di quella prigione esistenziale all’interno della quale mi ero volontariamente rinchiuso, impossibilità di riprendere il mio cammino, oltre il prossimo minuto, il niente, diciassette stratagemmi, perché esso diventasse nuovamente tutto.
Da piccolo, disteso nel mio letto, in procinto di addormentarmi, fui colpito da uno strano intorpidimento del corpo, improvvisamente, persi sensibilità e funzioni motorie della mia parte sinistra, panico. Prontamente mi alzai, zoppicando raggiunsi la cucina, e un attimo dopo aver varcato la porta, caddi a peso morto. Non sentii dolore, quando il mio corpo toccò il suolo, persi conoscenza un istante prima, lo sfumare tipico di una scena in una vecchia pellicola cinematografica, il mio ultimo ricordo.
Mi svegliai alla sera e fu dolore. Nell’istante che seguì il sollevarsi delle palpebre, luce, luce, dolore, luce, dolore, la stanza bianca, tu, i tuoi occhi a osservarmi, i tuoi occhi persi nel vuoto di un pensiero troppo distante dal luogo dove ci trovavamo, ricordai i diciassette stratagemmi, sedici falliti completamente, restava l’ultimo, mi alzai, ti presi per mano, prememmo la maniglia della porta, uscimmo insieme, morimmo insieme, e fu rinascita.