Io e il Ferrari, Virginio Ferrari…

Un anello di metallo, che racchiude un secondo anello di metallo, che a sua volta racchiude un terzo anello di metallo, sfere d’ottone, di bronzo, d’oro, sparse ovunque, e poi, piramidi, coni, elementi, strutture, oltre il genio creativo dell’artista, tempo e spazio infiniti, viaggio nell’eternità di una vita, alla ricerca di un qualcosa che ancora non esiste, io che infilo la testa all’interno di un cerchio, osservo al di là della materia l’universo in espansione, in divenire, malleabilità, destrutturabilità, ricostruzione, distruzione, creazione, oltre la forma, semplice, nuda, cruda, la complessità del pensiero, l’idea deformata, il concetto nascosto, impalpabile, l’effimero e l’eterno che si abbracciano, si uniscono, fecondazione intellettuale che genera nuovi pensieri, nuove idee, nuovi concetti.

Tolgo la testa dal cerchio, la mente confusa, perdizione, tempie che pulsano, un grande globo posto su di un piedistallo, attira la mia attenzione, il bianco del marmo accarezzato dai raggi del sole quasi mi acceca, chiudo le palpebre, e scivolo via, su creazioni artistiche d’incredibile bellezza, su forme curve, concave, convesse, mi lascio andare, mi perdo, cercando di ritrovare la via, cercando d’identificare gli indizi lasciati dall’artista, dal creatore, unico modo per ritornare sulla via maestra, unico modo per riavvolgere il nastro, per ritrovare il bandolo della matassa, per capire, forse, il senso stesso della creazione e di riflesso, il senso dell’esistenza.

Estasi artistiche, che si sciolgono al sole di un giorno estivo come tanti, diverso da tutti quelli vissuti fino ad adesso, io che mi faccio opera d’arte di me stesso, io che imito le creazioni dell’artista, fino a diventarne parte integrante, fino a trasformarmi in sfera, cerchio, ellisse, elemento dalla forma indistinta, fino a mutarmi in pezzo di marmo, il suo martello a colpirmi, colpirmi, colpirmi, pezzi di me, schegge di me che schizzano ovunque, polvere, polvere, polvere e poi, figura che lentamente muta, si evolve, nella visione del creatore che la plasma seguendo il suo pensiero, la sua idea primordiale, seguendo la via maestra, unico modo per riavvolgere il nastro, per ritrovare il bandolo della matassa, per capire, forse, il senso stesso della creazione e di riflesso, il senso stesso dell’esistenza. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *