Traballo sulla sedia, quasi cado, quando, d’improvviso, sento la tua voce alle mie spalle, domande, domande, domande, io che non ho nessuna risposta da darti, tu che delusa scompari chissà dove, entità, miraggio, spirito, mio desiderio nascosto, la tua venuta, visita improvvisa, certamente inattesa, durata troppo poco, per esser stata reale, intervallo che si è allungato tra un respiro e l’altro, tra un attimo e l’altro, un battito di cuore e già non ci sei più, io che resto da solo, in testa ancora le tue domande, il vuoto delle risposte che non ho, bevo un bicchiere di vino, brindo a te, alla tua essenza, alla nostra esistenza insieme, durata troppo poco, durata un tempo infinito, eternità nell’eternità.
Fuori la luna, illumina la campagna, che corre lontana fino a perdersi nella notte, la osservo, malinconico, attraverso il vetro della finestra, i miei occhi a correr via con lei, a fuggire lontano, oltre il sipario di buio calato dopo il tramonto, il segreto della morte, il luogo dove ti nascondi tu, il luogo dove vorrei raggiungerti io, per un attimo, anche solo per un attimo, domande, domande, domande da porti, molto diverse dalle tue, curiosità più semplici, forse addirittura infantili, il bambino che è in me torna a vivere ogni sera, lo sai, lo so.
Respiro profondamente, apro la finestra, guardo la sagoma di un albero del quale non conosco il nome, sul ramo più alto, una civetta, mi osserva, la luna a illuminarla, a far brillare il suo sguardo, la fisso per qualche istante, poi, lei si alza in volo, e scompare, nella notte, io che resto a guardare la silhouette scura dell’albero, che estrapolo immagini, forme, figure che nascono nella mia mente, realtà nella realtà, creazione nella creazione.
Amore, è amore, e niente più, è la tua apparizione improvvisa, le tue domande, la mia incapacità di rispondere, le mie domande, la tua impossibilità di rispondere, è il mio volerti raggiungere, il tuo volermi raggiungere, è l’incontro infinito tra di noi, illuminati da un chiaro di luna struggente, come quello che sto osservando, è una civetta che vola via, è la sagoma scura di un albero che, attraversata dalla potenza delle mie parole, dà vita a milioni di creature altrimenti inesistenti, che sogno, che incubo averti vicina, avermi vicino, in questa notte fresca, la luce della luna a illuminare l’architettura dei miei pensieri.