Qualche giorno fa mi trovavo in un parcheggio con mia figlia Livia. Stavamo aspettando sua madre, che di lì a poco sarebbe dovuta venire a prenderla e cantavamo Azzurro di Paolo Conte, per noi è quasi un rituale, la sigla di chiusura del nostro tempo insieme e la ascoltiamo ogni volta, prima di salutarci. Improvvisamente il mio sguardo è caduto su una meravigliosa cassetta di ciliegie sapientemente esposta, davanti al mio fruttivendolo di fiducia, per attirare l’attenzione dei golosi. Ho proposto a Livia di andare a comprarle e di mangiarle su una panchina mentre aspettavamo la mamma e lei, che prende qualsiasi cosa gli venga proposta come l’inizio di una possibile avventura, ha subito dimostrato un forte entusiasmo. Siamo quindi scesi dall’auto e ci siamo diretti verso il negozio di Manuel. Stavamo raggiungendo l’ingresso del fruttivendolo quando, forse per l’entusiasmo, forse perché voleva giocare, forse distrattamente, Livia mi ha lasciato la mano e si è allontanata. Proprio in quel momento un’auto è sopraggiunta. Ovviamente, essendo in un parcheggio l’auto si è fermata tranquillamente ma Livia, che l’ha vista comparire improvvisamente davanti a sé, ha avuto paura ed è corsa vicino a me piangendo. Sebbene fossi rimasto sorpreso anche io e sul momento, avessi avuto paura, non l’ho redarguita, perché non è un comportamento che solitamente adotta e perché gliel’ho spiegato un sacco di volte come ci si comporta in strada, però successivamente, quando ci siamo seduti sulla panchina per mangiare le ciliegie, le ho ribadito di fare più attenzione.
Livia ha quattro anni, è una bambina molto vivace ma ubbidiente e riflessiva. Le ho quindi spiegato, mostrandole i settemilacinquecento graffi che si procura regolarmente giocando in giardino, correndo e andando in bicicletta, che il corpo è una cosa che va trattata sempre con attenzione, che se cadiamo e ci graffiamo non è grave, ma se una macchina ci investe, le cose possono essere più complicate. Lei mi ha ascoltato come mi ascolta sempre, ma ho visto che l’attenzione era soprattutto rivolta al sacchetto di carta pieno di ciliegie, così l’ho presa in collo e le ho detto: mettiamola così Livia, la vita è un gioco, un gioco semplice perché non sei in competizione con nessuno. La parola gioco ha definitivamente attratto la sua attenzione e anche la parola semplice, che per lei vuol dire, che quello di cui sto parlando è alla sua portata. Ho continuato: Lo scopo del gioco è restare in vita più tempo possibile. Quindi, la prima cosa che devi fare è trattare bene il tuo corpo, lavarti bene soprattutto i denti e fare attenzione a tutte le cose pericolose che sono intorno a te e che potrebbero farti male. Lei ha sorriso e volendomi dimostrare che aveva capito quello di cui stavo parlando, mi ha attaccato un mega pippone assurdo sul fatto che la mamma gli fa fare la doccia tutti i giorni, le fa lavare sempre i denti dopo aver mangiato e le mani prima di mangiare e poi che la nonna le ha comprato uno spazzolino da denti nuovo di Frozen II con il viso di Elsa che sorride e con Olaf che legge un libro.
Io ho riso e ho pensato che tra quindici anni manderà a fanculo me e le mie spiegazioni sulla vita e sulla morte e poi l’ho abbracciata e ho quasi fatto cadere le ciliegie per terra. Lei mi ha guardato con disapprovazione e mi ha detto di fare attenzione, perché se fossero cadute non avremmo più potuto mangiarle a causa del virus. Dopodiché mi ha attaccato un secondo pippone su come il virus ci possa far ammalare, e su quanto sia pericoloso per noi, soprattutto per i nonni e per il babbo che è vecchio perché farà quarant’anni tra poco. Uno a zero per lei.