Parlando di rientri a scuola, dopo mesi di assenza dalle aule, non si possono certo non menzionare le storie di quei bambini che, nonostante l’obbligo al rientro sancito dal presidente Francese, hanno deciso di ribellarsi ribadendo il loro: Non ci sto! Mesi passati in casa a giocare, divertirsi o sistemati per ore davanti alla tv, con noi genitori a farci in quattro per cercar di capire queste versioni in miniatura di noi stessi, con i quali ci siamo improvvisamente ritrovati a convivere forzatamente ventiquattrore su ventiquattro, non potendoli parcheggiare a scuola, nei centri dove generalmente svolgono le loro dieci attività settimanali o dai nonni, angeli divini che non negano mai un aiuto, hanno per forza cambiato i nostri figli.
Ci sono stati bambini che non vedevano l’ora di rientrare a scuola e ritrovare le loro routine, perché non ne potevano più di interagire soltanto con i loro genitori e di stare chiusi in casa e ce ne sono stati altri, che invece hanno talmente apprezzato il dolce far niente, dove pur di farli stare zitti, genitori ritrovatisi a dover svolgere il loro ruolo, anche quando erano impegnati nel telelavoro, hanno acconsentito a ogni loro richiesta tramutandoli in piccoli pascià manco fossero eredi di qualche sultanato, da cercare di allungare il più possibile questo periodo. I bambini appartenenti a questo secondo gruppo, all’indomani del rientro annunciato dal presidente si sono subito, a loro modo, ribellati.
Lucille per esempio, i quali genitori, durante il periodo di confinamento le hanno acquistato su Amazon l’intero stock di giocattoli marcati Frozen II messi in commercio nei mesi prima del Covid, ha pensato bene, appena suonata la campanella d’ingresso della scuola, di fuggire via, per tornare a casa propria a giocare, piuttosto che affrontare un’altra noiosa giornata insieme ai compagni e alla maestra. Mimando così un paio di finte di Rugby alla Sébastien Chabal ha velocemente dribblato un paio di bidelle e una maestra, raggiunto la rete del cortile della scuola e, zaino in spalla si è arrampicata per saltare dall’altra parte. Un maestro l’ha recuperata proprio mentre stava scavalcando il reticolato verso la libertà e l’ha ricondotta nella sua classe, dalla quale ha cercato di evadere ancora un paio di volte prima che la direttrice, oramai esasperata dalle continue richieste d’aiuto della sua maestra, chiamasse la madre chiedendole gentilmente di presentarsi a scuola il più rapidamente possibile, per recuperare la figlia momentaneamente indisposta al rientro.
Interessante anche il caso dei due fratelli Paul e Guillaume che, molto più fortunati e probabilmente più svelti di Lucille, hanno approfittato di una distrazione momentanea da parte del personale ridotto della loro scuola, per allontanarsi tranquillamente da essa e trotterellare via diretti a casa. Il padre, che stava lavorando nel salone, li ha visti rientrare come se niente fosse, un paio di ore dopo averli depositati davanti alla scuola. Tra l’altro, i due piccoli evasi, avevano percorso due chilometri su un tratto di strada molto trafficato prima di arrivare alla loro abitazione e per questo motivo, il personale e le maestre della loro scuola, si sono beccati una denuncia da parte del padre. Intervistati dalla tv i due fuggitivi hanno confessato che non potevano attendere la fine della giornata a scuola, perché erano impazienti di giocare con alcuni videogames che il padre aveva loro acquistato durante il periodo di quarantena, ma che sfortunatamente, per i blocchi imposti ad Amazon nella seconda metà del confinamento, a causa della poca tutela sanitaria nei confronti dei loro corrieri, erano arrivati solo un paio di giorni prima l’inizio della scuola.
Menzione d’onore comunque va al figlio di un collega, Michel, che quando il padre è andato a svegliarlo dicendogli che sarebbe dovuto andare a scuola, lo ha trovato con il viso pieno di puntini rossi, ovviamente realizzati a pennarello. Il bambino ha detto di sentirsi male e di aver preso il coronavirus per colpa del quale non sarebbe potuto andare a scuola. Michel…un eroe moderno.
Nota: i bambini in questione hanno tutti tra i 5 e i 6 anni di età i nomi sono ovviamente falsi, per rispetto della privacy.