Via, lo possiamo dire, Salvini durante questa tornata elettorale, ha preso una bella batosta. Potremmo attribuire la colpa a lui e dire che il suo modo di far politica, indubbiamente coinvolgente nell’immediato ma completamente inutile e privo di contenuti sulle lunghe distanze, non paga, questa però sarebbe solo una parte della verità. Potremmo dare la colpa ai suoi avversari e affermare che il Partito Democratico e il Movimento, spalleggiati dal Presidente Conte, abbiano fatto in questi mesi un lavoro abbastanza decente e che di conseguenza, siano stati premiati dall’elettorato, ma anche questo non basterebbe. Potremmo ipotizzare che la Pandemia abbia giocato un ruolo chiave, spostando l’interesse cittadino dalla sua propaganda becera e inutile, verso altre problematiche (le elezioni a ampio margine di Zaia e di De Luca ne sono un esempio), ma anche questo non sarebbe sufficiente. Potremmo dire infine, che la politica sul territorio è un mondo a parte, completamente differente dalla politica nazionale e che le due cose andrebbero viste in maniera separata, ma anche questa non sarebbe un assoluta verità. La sola e unica verità che nessuno vi dirà mai (o forse sì) e della quale bisogna prendere atto, visto che la scienza e la statistica non detengono tutte le risposte alle nostre domande, è che l’attacco della Congolose Auriane Fatuma Bindela contro Salvini, messo in atto durante la visita dell’ex-ministro nella Toscana Pontassieve, fosse mirato proprio a far fallire il leader in questa tornata elettorale.

La donna, lo ricordo, all’inizio di settembre aveva aggredito il politico strappandogli camicia e rosario (tra l’altro deve essere una nuova moda quello di portarlo al collo, visto che mia nonna considerava blasfemo indossare il proprio rosario come una collana) al grido di: Io ti maledico! Salvini, aveva denunciato quel gesto e quella violenza extracomunitaria, dopodiché magnanimo e forte della sua fede nel redentore, aveva perdonato la donna con un sordido – Porgi l’altra guancia. Sciagura! Passando attraverso la vicenda in tutta tranquillità e senza ricordare quel che era successo nel duemilatredici al suo compagno Calderoli, il leader del carroccio ha attirato su di sé la disgrazia.

Calderoli, lo ricordo per chi avesse dimenticato, anni fa, dopo aver insultato la Kyenge chiamandola Orango, affermò di essere stato vittima di una maledizione da parte del padre di lei (l’uomo in Katanga, avrebbe organizzato un rituale per attirare su di lui la sfortuna), che gli avrebbe causato non solo ricoveri in ospedale, incidenti, operazioni, nonché la distruzione misteriosa del suo cornetto portafortuna, ma anche, ovviamente, la condanna a diciotto mesi per diffamazione, con l’aggravante d’istigazione all’odio raziale. Non essendo superstizioso, sebbene sia molto, molto, ma molto credente, l’ex-ministro non solo non ha fatto tesoro dell’esperienza di Calderoli, ma non ha nemmeno seguito i consigli del Dottor Bocchi Modrone, apparsi in un’intervista su: Il Giornale. Lo studioso, esperto di Voodoo e di culti sincretici dell’America Latina, che durante l’intervista aveva dichiarato di non sapere quasi niente sui culti Africani, lo aveva messo in guardia, riguardo alla pericolosità di una maledizione come quella. Niente, il nocchiero della Lega, superiore a tutte queste nefandezze e certo di avere dietro di sé paradisiache figure a sua protezione, è andato avanti come se niente fosse e così le elezioni che dovevano essere una spallata al governo in carica, si sono trasformate per lui in un’ecatombe.

Salvini ne esce malissimo in Toscana, dove la Ceccardi, sua figlioccia politica, non solo perde con un margine ampissimo contro Giani, ma non ottiene la maggioranza nemmeno a Cascina, il comune dove è stata Sindaca. Ne esce malissimo anche in Veneto, dove Zaia con la propria lista personale, prende il triplo dei voti della lista ufficiale della Lega (ci tengo a dire che Salvini proprio in Veneto, aveva chiesto a tutti i segretari locali di votare per la lista ufficiale del partito e non per Zaia). Ma non solo, se spostiamo lo sguardo su Lesina in provincia di Foggia, dove l’unico candidato sindaco era leghista (candidatura peraltro accompagnata dal verbo Salviniano: Un sindaco Pugliese lo abbiamo già eletto prima del confronto elettorale!), ci accorgiamo che il candidato è riuscito a compiere la grande impresa di non raggiungere nemmeno il quorum, mancando l’obiettivo dell’elezione, cosa più unica che rara. Come diceva qualcuno: The truth is out there.