Seduto sulla sabbia, spiaggia, mare, un tramonto, osservo lontano. La letteratura si è definitivamente ammarata in questi ultimi anni, tutti a parlar di questa grande distesa d’acqua: il mare qui, il mare là. A me il mare sta sul cazzo, così come la letteratura dell’ovvietà. Lontani sono i tempi in cui di esso, del mare intendo, benché a me stesse sempre sul cazzo, se ne cantavano altre caratteristiche ben più profonde, fondali inesplorati, metafore, viaggi, miraggi. Oggi, davanti a lui, personaggi usciti dalla penna di autori ovvi e monotoni, giungono alle più blande conclusioni, discorsi di poco conto, riflessioni utili quanto un ombrello nel deserto. Purtroppo, molta della produzione letteraria odierna è così, l’ovvietà, copie su copie della stessa inutile e monotona storia.
Quand’è stata l’ultima volta che un autore, in tutta onestà, vi ha raccontato i suoi sentimenti veri, la sua gioia, il suo dolore nudo e crudo? Quand’è stata l’ultima volta che un autore vi ha detto qualcosa che non vi piaceva? Qualcosa di terribile, di sconcertante, insomma che non vi è andato giù? E ancora, quand’è stata l’ultima volta che un autore, vi ha srotolato su quelle pagine che stringevate tra le mani, qualcosa che non fosse ciò che volevate sentirvi dire? Ve lo dico io, è stato tanto, troppo tempo fa.
Contro tutte queste monotonie, banalità, questo raccontar storie di vite inverosimili, stereotipate, politicamente corrette, atte ad accontentare tutti quanti e di conseguenza nessuno, io mi schiero. Contro questo post-modernismo, al quale tutti inneggiano e del quale ben pochi, me compreso, hanno capito davvero il significato, contro questo iper-realismo illusorio, questa letteratura sterile che più niente dà al lettore, se non una parvenza di incoerente e inesistente rifugio per le proprie speranze, io mi schiero. Contro questa letteratura, stereotipata, che da troppo tempo non si evolve più, io mi schiero. Contro coloro che, rifugiatisi dietro le loro idee sterili, trovano a tutto questo, giustificazioni superficiali del tipo: oggi la società è così, si prende quel che c’è, io mi schiero e fondo il mio movimento letterario che chiamo: Decostruttivismo.
A coloro che parlano di letteratura liquida dico che qui si va oltre, e di quel liquido si prendono le gocce, se non addirittura le singole molecole, una per una, perché frammentaria è la realtà, perché essa è fuori dallo spazio e dal tempo.
Basta con i libri specchi riflessi, che cercano di dare al lettore l’illusione che l’autore sia come lui, piuttosto sì al lettore impegnato, che riconosce nel libro parvenze del suo essere complicato, delle sue molteplici sfaccettature, di un’animo frammentato che ben oltre va, alla stupida linearità che le opere odierne assumono. C’è bisogno di aprire le finestre e far entrare aria nuova, e con lei, l’universo intero e oltre, ogni suo piccolo frammento.
Qui si riprende il concetto che fu caro agli psicologi della Gestalt, ovvero che il tutto non è mai la somma delle piccole parti, aggiungendo un punto in più, la dinamicità, perché quelle piccole parti, cambiano ed evolvono secondo dopo secondo.
Qui si eliminano gli stereotipi, le classificazioni strutturaliste, il perbenismo, il politicamente corretto, che oggi fa da tappo all’evoluzione dell’arte letteraria.
Qui si va oltre il relativismo, oltre il determinismo, oltre la realtà concepita come una foto scattata, che cambia in funzione dell’osservatore. Qui si spacca la foto in mille pezzi, si lanciano in aria, e si fa scegliere ad ogni osservatore parti differenti di essa, perché frammentaria nello spazio e nel tempo è la realtà e per ognuno di noi, incredibilmente diversa.
Qui si torna alla gentilezza verso le tematiche e verso il lettore stesso, si cantano le infinite sfaccettature dell’animo umano, della vita, della morte, dell’infinito, del tutto e del nulla. Qui si frammenta quella liquidità di cui sopra, si destruttura e si abbatte il muro innalzato in questi ultimi cinquant’anni, muro che blocca il passaggio a nuove idee e a nuovi sviluppi della letteratura
Qui non si fanno differenze di genere, di cultura, di nazionalità, di religione, orientamento sessuale, ceto sociale e classificazioni varie, qui siamo nudi, individui in carne e ossa che crescono e si evolvono in una vita completamente destrutturata e solo illusoriamente lineare e regolare.
Qui si va oltre il panorama letterario attualmente predominante, perché questo mare che sto guardando, e che ricordo, a me sta particolarmente sul cazzo, a forza di ascoltare gli inutili pensieri di personaggi privi di profondità e spessore, creati dalla penna di altrettanti scrittori, anch’essi privi di profondità e spessore (quando il merito non è dà attribuirsi a sconosciuti editors e ghost-writers dei quali mai sapremo nulla), si sta lentamente trasformando in una pozzanghera, e a me questo fa male, molto male. Le sue acque si sono ridotte, molte gocce, molte sfaccettature, sono andate perdute, eccolo l’impoverimento intellettuale che avvolge la nostra letteratura.
Io, e chi abbraccerà i principi di questo mio movimento, siamo qui per donarvi ancora, quelle gocce, quelle molecole che vi sono state tolte. Si chiama Decostruttivismo, ma voi potrete anche definirlo semplicemente: amore, che per andare a cercar quel che vi dico, quel che mi prefiggo qui, è necessario scavare nelle proprie sofferenze fino a farsi male, e questo lo si può fare solo se si ama profondamente la letteratura e chi di essa fruisce!
Marseille, 28 aprile 2021
Claudio Simoncini